Mese di Febbraio. Su Calendariu 2017 è il messaggio, tangibile e visivo, attraverso il quale la Comunità dei Sardi di Biella vuole fornire il proprio contributo alla memoria quale elemento fondamentale per la consapevolezza nell’affrontare il presente e costruire il domani.
L’Alto Biellese per secoli è stato terra di picapere, di esperti nella lavorazione della roccia, in particolare analogia con la Sardegna, dapprima culla della civiltà dei nuraghi costruiti a secco e di tradizione metallurgica nel Mediterraneo. Dalla Valle Cervo, per secoli, maestri da muro e scalpellini emigrarono stagionalmente per lavoro, seguiti poi, alla fine del XIX Secolo, da operai specializzati, impresari edili e tecnici civili, esportando con sé il proprio ricercato know-how. Costoro portarono la propria opera dapprima nel limitrofo Piemonte, oltre confine e poi al di là del mare, nel resto del mondo come in Sardegna, come testimoniano gli archivi sulla costruzione dell’arteria Carlo Felice. Alcune famiglie sarde di tagliapietre, in direzione inversa, emigrarono dall’Isola verso la Bürsch tra ‘700 ed ‘800, come gli Zedda, il cui nome riecheggia ancora in una frazione della zona. Diversi gli alti esponenti biellesi di questa “propensione” alle rocce ed ai minerali: Alberto Ferrero della Marmora, esploratore innamorato di Sardegna, fu studioso con forti interessi geologici e paleontologici, commemorato nella Basilica biellese di San Sebastiano da un busto in marmo posto su lastre di melafiro; monumento celebrativo, quest’ultimo, realizzato grazie ad un altro biellese studioso di geologia e mineralogia, Quintino Sella, autore di una pregevole relazione d’inchiesta parlamentare sulle miniere isolane e di una relativa Carta Geologica di Sardegna nel post Unità. E, non ultimo, Vittorio Besso, fotografo dell’allora sviluppo industriale-minerario sull’Isola.
Gianni Cilloco
Nell’immagine: selciatori biellesi al lavoro nelle contrade d’Europa.