Sabato 17 giugno, ore 21, Biella, Chiostro di San Sebastiano: canti e balli sardi, musica, folklore e melodie alpine. Ospiti di eccezione, i ragazzi della classe III B della Scuola Media di Mosso: presenteranno il plastico di Budelli, l’isola dei Giovani salvata dalla speculazione; canteranno con Massimo Zaccheddu. Ingresso libero.
Tra gli ospiti della XXIII Festa sarda, un posto particolare viene riservato alle danzatrici del ventre, coordinate da Tiziana Perazzone, insegnante del laboratorio di danze caraibiche e balli “continentali” del Circolo Culturale Sardo di Biella.
Nell’attualità del presente in veloce evoluzione, con il mondo che diventa sempre più piccolo, vicino e colorato, Su Nuraghe volge lo sguardo oltre “il cortile di casa”, inserendo nei programmi di Sa Die de sa Sardigna 2017 elementi della tradizione coreutica che arrivano dal Vicino Oriente con radici e storia ancora più lontane, a significare, approcciare e valorizzare la ricchezza di cui l’altro è portatore, scoprendo assonanze e sorprendenti comuni radici. Così parrebbe essere la danza del ventre, un ballo praticato da sole donne, diffusissimo nel variegato universo arabo, noto come baladi o raks sharki, ossia “danza orientale”. L’aggettivazione “orientale” rimanderebbe all’India, il loro Oriente più prossimo. Oggi, da noi, la danza del ventre è conosciuta anche col termine inglese belly dance.
Secondo alcuni studiosi, la sinuosità del corpo femminile che si muove al ritmo della musica risalirebbe ad antichi riti di fertilità, preghiera, ringraziamento e protezione trapeutica le cui tracce riemergerebbero in Europa nella “danse des triplettes”, il “ballo delle triplette” contro l’epilessia, eseguito in chiesa e durante la processione per la festa di San Marcello (14 e 15 gennaio), a Barjols, in Francia, vicino a Marsiglia. Depotenziate a folklore, anche “tarantella napoletana”, “pizzica salentina”, “ballu tundu” e certi balli ascensionali della Sardegna sarebbero ascrivibili alla danza sacra. Ancora oggi in Oriente, nella spiritualità indiana, le “gopi” sono ballerine adoratrici della divinità “nel migliore dei modi” attraverso movimenti del corpo, espressione di lode e di felicità.
Salvatorica Oppes