GALLÙRA è il nome del territorio a Nord-Est della Sardegna, che fu la base dell’antico Giudicato di Gallùra, in seguito dominato dal celebre Nino di Gallùra (eternato da Dante). L’araldica del Giudicato aveva per logo il gallo, ma col pennuto la Gallùra non ha parentele.
Il coronimo è molto antico e risale a prima della nascita del Giudicato. Secondo F.C. Casula (Di.Sto.Sa. 199), la Gallùra prese tale nome perché dirimpettaia del Fretum Gallicum (poi Bocche di Bonifacio), detto ‘Stretto dei Galli’ perché dopo le Invasioni Barbariche la Còrsica appartenne ai Franchi della Gallia, contrariamente alla Sardegna che appartenne all’Impero di Bisanzio. L’ipotesi del Casula non è solo suggestiva: è principalmente realistica, se teniamo conto che la Gallura, oltre all’identità tra il coronimo e il nome dello Stretto, ha sempre gravitato sulla Còrsica meridionale, essendo da sempre l’autentico punto di sutura tra le due isole, e condividendo anche il linguaggio della Còrsica meridionale, anziché il volgare della Sardegna. Non è un caso se pure in epoca romana gli abitanti della Gallura vennero chiamati Còrsi. E quando il termine latino Fretum Gallicum cessò a favore della lingua volgare, lo stretto fu nominato Bocche di Bonifacio, ancora una volta un termine proveniente dalla piccola Còrsica, non dalla grande isola di Sardegna.
Sembra quindi confermato che la Gallùra fu, da parecchi millenni e fino a metà del XX secolo, un’appendice della Còrsica, quasi un “dominio” della Còrsica, ed è con tale isola che vanno fatti i conti di parecchi fenomeni linguistici della Gallura.
Ciononostante, occorre ricordare che in epoca romana la parte occidentale dell’attuale Gallura era abitata dai Bálares, e si può supporre che oggi Gallura sia ipercorrettismo < *Balura/Ballura. Né può mettersi sotto silenzio l’ipotesi che il termine sia assai più antico, basato sul sum. bal ‘pietra’ + uru ‘sede, insediamento, territorio’: bal-luru, col significato di ‘territorio di pietra, di guglie’, in considerazione della vera natura della Gallura, la quale in passato era celebre per le possenti guglie dominanti dappertutto. Esse furono le prime ad essere sacrificate con l’espansione delle cave di marmi pregiati, che nel volgere dei secoli l’hanno trasformata, rendendo irriconoscibile il territorio. Oggi delle magnifiche guglie galluresi si può soltanto immaginare l’imponente bellezza. Ed allora riprende vigore la quasi certezza che Balares – nome degli abitanti in epoca romana – non fosse altro che un aggettivo di luogo già corrotto, dal sum. bal-luru ‘territorio di guglie’.
Salvatore Dedola
Nell’immagine: l’incipit G, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009