Donne venete, sarde e piemontesi, pioniere del bisogno di riscatto

Pettinengo, la Madre dell'ucciso

Il Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli declina sotto diversi aspetti la realtà femminile, focalizzando l’attenzione su ragazze sole che partono, antesignane di quel bisogno di riscatto che negli anni Sessanta del Novecento esploderà in diversi movimenti femministi.
Necessità di emancipazione le cui precorritrici si possono individuare nelle mondine, sartine e “caterinette”: donne sole che partono e vivono lontano da casa durante la stagione in risaia, piuttosto che in grandi città imparando il mestiere di sarta. A Biella, con l’industrializzazione diventano operaie; infermiere con l’istituzione della Scuola Convitto professionale presso l’Ospedale degli Infermi.
Nelle Valli biellesi, altre donne restano sole per mesi e anni, a condurre e vegliare terra ed affetti in attesa di mariti e fidanzati partiti oltre le montagne, attraversando mari e, a volte, oceani.
Al Museo di Pettinengo di via Fiume, 12, accolgono il visitatore tre manichini negli abiti festivi delle mondariso e in quelli quotidiani delle “siunere”, le falciatrici alpine della Valle Cervo, con gli ampli grembiali per trasportare il fieno e calze contro il morso delle vipere. La Sardegna è rappresentata nel vestito nuziale di Oliena (Nuoro), protagonista anche con la figura di un’altra donna: la “Madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa, opera marmorea la cui copia in gesso venne originariamente esposta alla Biennale di Venezia del 1907, ottenendo consensi e giudizi favorevoli, con la Sardegna alla ribalta mondiale nella storia dell’arte moderna del Novecento. La statua, proveniente della vicina Villa “La Malpenga” di Vigliano Biellese, solo ora, dopo 75 anni, viene esposta al pubblico, offrendo un’importante occasione da non perdere. Il Museo è visitabile tutte le domeniche, ore 14:00-19:00. Info e contatti: Idillio, 3343453649 – Ingresso libero.

Simmaco Cabiddu

Nell’immagine: La “Madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa con accanto mondine, “siunere” della Valle Cervo e donna sarda negli abiti di Oliena

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