Sabato 17 marzo 2018 – Bandiere a Nuraghe Chervu per il 157 anniversario dell’Unità d’Italia che segna il passaggio dal Regno di Sardegna, al Regno d’Italia, alla Repubblica Italiana.
Il 17 marzo 1861 l’Italia diventa unita attraverso la promulgazione della legge n. 4671 del Regno di Sardegna. Il Re di Sardegna, Vittorio Emanuele II, diviene primo Re d’Italia continuando a mantenere la numerazione dinastica “II” (secondo), a conferma della continuità tra Regno di Sardegna e Regno dell’Italia divenuta unita.
La Comunità sarda vuole anche ricordare nei gesti e nei simboli i 298 anni di storia comune tra Piemonte e Sardegna, genesi dimenticata dell’Unità d’Italia
“Nel frontone del Vittoriano a Roma, che ospita l’altare della Patria, sono collocate sedici statue della fine dell’800, in rappresentanza delle regioni italiane di allora, spiega lo storico Francesco Cesare Casula in un libro dal titolo Italia, il grande inganno 1861 – 2011. Portano tutti simboli bucolici o caratteristici, eccetto la Sardegna, che tiene in mano i simboli del potere, uno scettro nella destra e una corona sulla sinistra.
Per ovvie ragioni: il Regno di Sardegna deteneva il titolo di regno che ha “donato” all’Italia.
Ma il pannello informativo sulle statue simbolo delle regioni italiane, si indigna Casula, letto da frotte di turisti, sostiene che la Sardegna tiene in mano la corona in segno di umiltà.
Se nei manuali di diritto costituzionale, letti dagli specialisti, si legge chiaramente che il Regno d’Italia non è altro che la prosecuzione del Regno di Sardegna, nella declinazione popolare, nella divulgazione alle masse, questa verità storica scompare. Con un artificio del tutto illogico e persino strampalato, la corona in mano della Sardegna diventa segno di umiltà.
Il Professor Casula ha ricoperto incarichi universitari e in importanti istituti scientifici anche all’interno del CNR. Però su questo argomento non si dà pace: “altrettanta ignoranza ed altrettanta uggia, nel riferirsi alla vicenda dello Stato sardo – italiano, l’ho riscontrata fra i miei colleghi storici, fra i politici al di qua e al di là del mare, fra i giornalisti di testate nazionali, fra i direttori delle grandi case editrici, fra gli operatori turistici, i cineasti, i pubblicitari e quant’altri intellettuali sono in circolazione, i quali, così come nel seicento i dominicani si rifiutavano di guardare nel telescopio di Galileo Galilei per non dover ammettere la teoria copernicana sul sistema eliocentrico, anch’essi rifiutano l’esame del “Caso Italia” per non creare disturbo all’ordine prestabilito, per non mettere in crisi le certezze acquisite che li rendono sicuri e appagati nei loro bisogni mentali e materiali…
Ebbene in vent’anni di attività accademica e pubblica non sono mai riuscito a far cambiare idea a nessuno circa il Grande Inganno italiano che pure è evidente, non sono mai riuscito a fare un proselite, continuatore del mio pensiero storico né fra i colleghi accademici e nemmeno tra gli studenti… a far proprio il “Caso Italia” e a denunciare la pericolosità sociale di una storia ingannevole…” (pag. 203).
Nella genesi del Regno d’Italia, non esiste una cesura netta al momento della sua unità del 1861. Al contrario, semplicemente esiste una continuità con il Regno di Sardegna, che risale all’epoca di Eleonora d’Arborea e anche prima, precisamente nel 1324. Una cosa, se vogliamo, conseguente, ma che viene palesemente rifiutata dall’apparato culturale del paese, al punto da sollevare le proteste dello studioso con un atto di accusa durissimo.
Questa continuità, dunque, è completamente abolita dalla storiografia ufficiale, la quale, con un inganno evidente, fa sorgere dalle acque l’Italia cancellando il ruolo del Regno di Sardegna.
Casula da tempo spiega le motivazioni scientifiche che stanno alla base del suo assunto, della sua dottrina. Tuttavia la questione, apparentemente formale, affatto cavillosa, ma in realtà di sostanza, resta relegata ai margini della discussione e non viene presa in considerazione da nessuno.
Ci sarebbe, in effetti, da riscrivere i libri di storia. I quali, con una curiosa acrobazia, sono riusciti persino a rinominare i nomi delle entità geografiche. Sicché il Regno di Sardegna è diventato il Regno Sardo Piemontese.
La storiografia ufficiale ha preferito evitare di considerare l’unità d’Italia come una conseguenza politica del reame esistente, quello di Sardegna. Non sarebbe stato opportuno, sul piano della retorica simbolica che tanta importanza ha, abbiamo visto, per la formazione delle masse popolari nazionali, riferirsi a quella isola staccata dal contesto storico e geografico nazionale.
Le prove raccolte nel suo studio, dal Casula, risultano congrue e ineccepibili. Rimandiamo per questo direttamente al suo libro”.
Fiorenzo Caterini
(La mano destra della storia, Carlo Delfino editore, Sassari, 2017, pp.207-209)
Nell’immagine: Biella, area monumentale Nuraghe Chervu