Moltissimi giovani hanno partecipato domenica 25 aprile a Biella all’inaugurazione dell’installazione “site-specific” dell’artista Lorenzo Gnata allestita sul ponte della tangenziale – centinaia di giovani applaudono la performance teatrale a cura di “Opificiodell’arte” in scena presso l’area di Nuraghe Chervu.
Celebriamo in questi giorni la Pasqua Cristiana. Una festa di “passaggio” con un messaggio di speranza e di accoglienza, nel quale si esprime come l’amore superi i limiti, le barriere e le nefandezze dell’esistenza umana, addirittura oltre la morte.
A prescindere dal carattere di fede e religioso insito nella commemorazione cristiana, quanto è viva e concreta la “lieta notizia” nella nostra quotidianità civile? Quanto fa ognuno di noi per dare un laico apporto “positivo” nella società?
Ogni giorno leggiamo informazioni e incontriamo situazioni nelle quali speranza ed accoglienza fanno fatica a trovare cittadinanza: guerre e crisi internazionali, difficoltà economiche ed occupazionali, povertà e fame, migrazioni e convivenze impossibili, fenomeni di intolleranza e razzismi, violenze e ghettizzazioni, malumori ed insoddisfazioni diffusi, contrasti e sordità, malattie ed egoismi, etc.
Su alcuni argomenti si tende poi a tacere od omettere, specie in costanza di temi percepiti come sorta di tabù, quali il disagio esistenziale, l’angoscia, la solitudine e la morte. Tale circostanza è tanto più evidente nella società contemporanea, ove ormai scompaiono ritualismi e linguaggi della cultura popolare, una volta capaci di veicolare anche sensazioni ed eventi luttuosi e tragici dell’uomo, rendendoli parte della vita individuale e comunitaria.
L’uomo è una «specie simbolica», secondo la definizione di Terrence Deacon: sin dalla preistoria egli rappresenta e comunica concetti facendo uso di oggetti e soggetti portatori di significati ulteriori. Oggi questo ruolo comunicativo sembra essere stato preso in carico dall’arte contemporanea. Il relativo linguaggio si delinea ai più, spesso “difficile”, ambiguo ed autoriflessivo – se non tacciabile di autoreferenzialità -, sebbene diversi critici e teorici (es. A.Vettese, Si fa con tutto. Il linguaggio dell’arte contemporanea, 2010) abbiano evidenziato come l’artista contemporaneo cerchi una nuova via per provare ad esprimere relazioni e problemi dell’esistenza umana. Ed «un’opera non si apprezza più per la bellezza che la caratterizza, ma per il messaggio che esprime e per capirlo occorre prima conoscere il vocabolario usato dall’artista».
In questi giorni a Biella si è acceso il dibattito su “Res Humanae“, opera di un giovane artista cossatese dedicata al tema dei suicidi. Leggendo i vari articoli ed interventi si parla spesso di barriere “fisiche” quale soluzione al problema del male di esistere. Tuttavia credo che occorra discutere anche delle “barriere culturali ed esistenziali” presenti nella comunità. Chiediamoci onestamente che tipo di società stiamo vivendo e vogliamo costruire, quanta sensibilità ed attenzione pervada le relazioni individuali e collettive, che attenzione ci sia per quanto ci circonda, quanto sia presente e comunicata la speranza nelle nostre esistenze. Perché l’installazione di Lorenzo Gnata, similmente a tutte le opere d’arte contemporanea, ci interroga oltre l’immagine che richiama, in quanto «un’opera non si apprezza più per la bellezza che la caratterizza, ma per il messaggio che esprime e per capirlo occorre prima conoscere il vocabolario usato dall’artista».
Un’opera d’arte, a prescindere dal gusto o dalla sua apprezzabilità, può infatti essere un’opportunità per affrontare e riflettere su argomenti e temi “ostici”, aprendo una via per un contributo laico “di speranza e di accoglienza” nella vita quotidiana. Perché, come diceva Maria Lai – artista sarda di fama internazionale celebrata anche all’ultima Biennale di Venezia – «l’opera d’arte è un ponte tra l’uomo e l’altro».
Gianni Cilloco
Nell’immagine: performance teatrale a Nuraghe Chervu, messa in scena da Opificio dell’Arte, Biella