Il 40° anniversario di fondazione del Circolo Culturale Sardo di Biella (1978-2018) è anche occasione per eventi spontanei proposti da soci attivi e partecipi nei festeggiamenti del sodalizio; le loro iniziative vanno a sommarsi e arricchire il ricco programma messo a punto dall’amministrazione di Su Nuraghe.
Un processo virtuoso che, questa volta, vede protagonista il cantautore Massimo Zaccheddu con una canzone appositamente scritta e musicata, dedicata al “Circolo Su Nuraghe di Biella”, associazione nella quale ricopre la carica di “Rappresentante di Base”. Ruolo importante che dai piedi delle Alpi porta la voce in seno alla F.A.S.I., Federazione Associazioni Sarde in Italia, punto di incontro organizzato dell’emigrazione isolana in Italia.
In anteprima, la canzone è stata proposta sabato 28 aprile a Pettinengo durante la presentazione dei nuovi allestimenti del Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli.
All’interno delle sale espositive del Museo, Massimo Zaccheddu si è fatto ritrarre accanto alla statua de “La madre dell’ucciso”, opera marmorea di Francesco Ciusa, la cui copia in gesso venne esposta per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1907. L’opera d’arte di interesse internazionale acquista dal conte Vittorio Buratti nel 1942, giunse nel Biellese grazie alla segnalazione di Giuseppe Biasi, altro artista sardo che dal 1938 risiedeva a Biella.
Lo scultore incide nel marmo il dolore di una mamma sarda che piange lacrime di pietra per il proprio figlio ucciso; da alcuni letta come la Sardegna stessa e le sue sofferenze.
“Ho scritto e dedicato il mio brano Al Circolo Su Nuraghe di Biella nel rispetto e nel ricordo delle persone che hanno dato e continuano a dare il loro contributo alla Sardegna fuori dai confini dell’Isola, superando il dolore della partenza e per aver lasciato terra ed affetti – afferma Massimo Zaccheddu – A tutti il mio personale grazie, per avermi insegnato cose che mai avrei saputo valorizzare; ringrazio voi che nel cuore, prezioso archivio di memoria, avete custodito e tramandato identità e tradizioni con quella dolcezza che in pochi sanno trasmettere”.
Eulalia Galanu
Nell’immagine: Massimo Zaccheddu ritratto accanto a “La madre dell’ucciso” di Francesco Ciusa.