Arriva da San Germano Chisone, in provincia di Torino, una nuova pietra con inciso il nome del Comune e il numero dei Caduti durante la Prima Guerra Mondiale, per essere collocata presso l’aerea monumentale di Nuraghe Chervu.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, molti giovani sangermanesi partirono per il fronte. 43 non fecero più ritorno a casa.
Da subito, con il Comune favorevole alla dichiarazione di guerra, si formò un Comitato civile composto di 10 persone, con l’incarico di distribuire sussidi in denaro alle famiglie dei chiamati alle armi, mediante pubbliche sottoscrizioni e assistenza ai soldati feriti, ammalati o in convalescenza, che il Comitato centrale di Torino inviava nel Comune. Per tale scopo, il pastore Carlo Alberto Tron mise a disposizione una sala dell’Asilo dei vecchi che funse da ospedale. Il Comune, da parte sua, dispose per ogni famiglia bisognosa un contributo di L. 300.
A guerra conclusa, la popolazione accolse trionfalmente i 130 reduci in una pubblica cerimonia. In onore dei Caduti fu scoperta una lapide.
San Germano Chisone condivide con Biella la figura del “Babi”, il rospo, animale totemico dell’antica cultura europea presente nelle ceramiche del neolitico delle culture Vinča e Tisza, risalenti al 5000 a. C., raffigurazione della madre primordiale di ogni esistenza, che presiedeva alla fecondità e alla rigenerazione post mortem. Se a Biella il batrace permane depotenziato nei riti di Carnevale, a San Germano Chisone, i cui abitanti vengono soprannominati “babi” ovvero “rospi”, l’anfibio – protagonista di una nota e amata leggenda locale – è presente nel gonfalone, la maggiore insegna civica. Nella dizione araldica, il nuovo stemma comunale, adottato con decreto del Presidente della Repubblica in data 24 aprile 2000, viene così descritto: “Inquartato: nel primo e nel quarto, di rosso, al rospo di verde, allumato di rosso, visto dorsalmente e in banda; nel secondo e nel terzo, d’oro, alle due fasce ondate, di azzurro”.
Battista Saiu