Sardo il 10% dell’argento europeo, esposizioni nel museo biellese

Galena argentifera e Alfonsino d'argento presenti al Museo delle Migrazioni

Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo, aperto tutte le domeniche, dalle ore 15:00 alle ore 19:00 – è possibile vedere minerali argentiferi e argento sardo – Info e visite anche su prenotazione: Idillio, 3343452685 – Ingresso libero.

Presso il Museo delle Migrazioni di Pettinengo, accanto alla migrazione dei simboli e degli oggetti della vita quotidiana di chi, dalla Sardegna, da altre parti d’Italia e dal Veneto soprattutto, è approdato nel Biellese, vi è la collezione mineralogica Beducci-Bertolone. Complessivamente la collezione comprende oltre 600 campioni raccolti a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, attraverso numerosi viaggi in Sardegna, ed è stata donata alla comunità dei Sardi di Biella nel 2014.
Per l’allestimento 2019 è stato scelto di esporre campioni di galena argentifera provenienti dalla Sardegna Sudoccidentale. La galena argentifera (solfuro di piombo, PbS, ricco in argento) è il principale minerale di piombo estratto per secoli nel distretto dell’Iglesiente e in altre zone dell’Isola. È un solfuro di colore grigio lucente, con aspetto metallico, molto pesante e con facile sfaldatura. Cristallizza normalmente nel sistema cubico, mentre è meno frequente l’abito cubo-ottaedrico.
Molto conosciuta sin dall’antichità, grazie alla facilità con cui era possibile estrarne il piombo e, appunto, l’argento. È noto, ad esempio, che gli antichi Romani coltivarono attivamente le mineralizzazioni di San Giovanni a Ovest di Iglesias. Il piombo estratto veniva utilizzato per produrre condutture dell’acqua (grazie alla facilità nel ridurre il metallo in fogli), coloranti e cosmetici.
Deportazioni, esilio e migrazioni forzate contribuiscono a formare la popolazione dell’Isola. Le prime presenze cristiane in Sardegna sarebbero in relazione con le vicende dei condannati ai lavori forzati nelle miniere o alla deportazione, cronologicamente ascrivibili alla fine del II secolo. Tra le prime, quelle relative alla vita del diacono e futuro papa (dal 217 al 222), San Callisto, condannato eis métallon Sardonías per reato comune. Con lui, altri Cristiani, Giudei ed Egiziani esiliati e condannati per la loro fede ad metalla in Sardegna, in località coincidenti con il distretto minerario imperiale, ubicato tra Neapolis e Sulci, corrispondente al centro di Grugua – Bugerru ed alle circostanti miniere tra Fluminimaggiore e Iglesias.
Di poco posteriori le vicende relative a Callisto, quelle del vescovo Ponziano e del diacono Ippolito, condannati nel 235 alla deportatio in Sardinia, in un’insula nociva, ossia malsana, dove trovarono la morte per lavoro o per malattia. In epoca recente, la locuzione “ti mando in Sardegna” era una (poco velata) minaccia di condanna a morte certa: infatti, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ogni anno la malaria falciava migliaia di morti (10 mila malati primitivi nel 1946 e 65 mila recidivi). La millenaria epidemia è stata eradicata e vinta solo all’inizio degli Cinquanta del Novecento.
Miniere note e attive in epoche ancora più antiche, risalenti a millenni precedenti (XI-IX secolo a.C.), come risulta dalle analisi condotte su inserti in piombo ospitati in piccole cavità di tre statue e di un modello di nuraghe rinvenute nel celebre sito pre-nuragico di Monte Prama (Cabras), da cui risulta che la composizione isotopica è indicativa di una singola fonte di approvvigionamento del piombo, individuata all’area mineraria di Monteponi-San Giovanni, la stessa da cui provengono i campioni esposti presso il Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo.
La presenza di questi minerali argentiferi dell’Iglesiente contribuì notevolmente a influenzare le vicende storiche di questa regione della Sardegna. Le miniere argentifere furono il grande tesoro di Villa di Chiesa (Iglesias), che la rese oggetto di conquista prima da parte dei Pisani e poi dei Catalano-Aragonesi. Si calcola che, nella prima metà del Trecento, l’argento estratto nel suo distretto costituisse circa il 10% dell’intera produzione europea. Non a caso, fu proprio la Zecca di Iglesias a coniare la prima moneta medievale della Sardegna. Dopo la conquista aragonese (1324), la zecca di Villa di Chiesa venne immediatamente riattivata, sotto la direzione del maestro monetario Michele Ros. La nuova emissione, realizzata in nome di Giacomo II, aveva come peso di riferimento il marco barcellonese: produsse “Alfonsini” d’argento (uno di essi esposto a Pettinengo a lato dei campioni di minerale argentifero), così chiamati in omaggio all’Infante Alfonso, fautore della spedizione vittoriosa in Sardegna.

Fabio Granitzio *

* Geologo e dirigente presso una multinazionale Svizzera. Attivo da oltre 20 anni nel settore minerario, con esperienze maturate in diversi ruoli e in ambito internazionale. Dal 2017 curatore della sezione mineralogica del museo delle Migrazioni, Cammini e storie di Popoli di Pettinengo.

Nell’immagine: Galena argentifera e “Alfonsino” d’argento presenti al Museo delle Migrazioni

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