Ieri, IV Novembre 2019, il Tricolore è stato innalzato sul pennone centrale dell’area monumentale di Nuraghe Chervu. Segno visibile di partecipazione della Comunità sarda di Biella alla “Festa dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze armate”.
Istituito nel 1919 per commemorare la Vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale, l’evento bellico è considerato il completamento del processo di unificazione risorgimentale. Una corrente storiografica individua l’ingresso dell’Italia nel I Conflitto Mondiale come tappa conclusiva del percorso risorgimentale che ha condotto all’Unità politica della Penisola. A tale proposito gli storici che si orientano lungo tale ottica sono soliti parlare di IV Guerra di Indipendenza Italiana. Tale lettura focalizza la sua attenzione sulla circostanza che la partecipazione alla Grande Guerra da parte degli Italiani fu la prima condivisa e sostanziale esperienza collettiva dell’Italia unita.
Già prima dell’ingresso ufficiale dello Stato Italiano in guerra; sin dal 1914, volontari Garibaldini, tra i quali diversi Sardi e Biellesi emigrati in Francia – prima ancora dell’ingresso ufficiale dell’Italia in guerra – parteciparono alle battaglie sul fronte francese contro i Tedeschi, incorporati nel “4° Reggimento di marcia del I Straniero”, al comando del colonnello Giuseppe Garibaldi jr, figlio di Ricciotti e nipote dell’Eroe dei Due Mondi. Durante il battesimo del fuoco, il 26 dicembre 1914, cade Bruno Garibaldi; il 5 gennaio 1915, anche Costante Garibaldi perde la vita combattendo. Il suo corpo verrà recuperato dal Biellese Cornelio Salgemma di Valle San Nicolao. La Legione subisce notevoli perdite, con 93 morti, 136 dispersi e 337 feriti. Emblematico il caso di Domenico Rainero di Domenico, soldato del II Battaglione, 3° Compagnia, nato il 5 gennaio 1881 a Valle San Nicolao, morto il 26 dicembre 1914 nei combattimenti delle Argonne. Dichiarato disertore nella mobilitazione italiana, solo in seguito si viene a sapere che è caduto in Francia, dove è sepolto nel cimitero di guerra di Bligny. Tra gli emigrati italiani, decine i Sardi combattenti. L’8 gennaio 1915 sulle trincee del Ravin des Meurissons cade Ernesto Butta, giornalista sassarese di “La Nuova Sardegna”. Resterà ferito anche Augusto Alziator. In seguito a questi fatti, articoli di apertura, a tutta pagina vengono pubblicati su “Unione Sarda” di Cagliari a parlare dei due eroi isolani, unici professionisti presenti al fronte a scrivere e a combattere. Con evidenza tutta la stampa della Penisola riprende le notizie dei quotidiani sardi dell’epoca che riportano gli elenchi di feriti e caduti, seguendone la sorte e sottolineano compiaciuti il comportamento valoroso di alcuni di essi.
Il 1° Marzo 1915 viene costituita la Brigata “Sassari”, composta da 6 mila uomini con reclutamento prevalentemente su base regionale, articolata su 2 reggimenti di Milizia Mobile: il 151° a Sinnai (CA) – con Quadri tratti dal 46° Reggimento Reggio di stanza a Cagliari – ed il 152° a Tempio Pausania (SS) – con Quadri tratti dal 45° Reggimento Reggio di stanza a Sassari. I due reggimenti, impiegati sul fronte dell’Isonzo a partire dal 20 Giugno 1915, presero parte attiva alle battaglie di Bosco Cappuccio, di Bosco Lancia e di Bosco Triangolare e, nel novembre 1915, espugnarono gli imprendibili trinceramenti delle Frasche e dei Razzi, meritando sul Bollettino del Comando Supremo il titolo d’onore e la citazione, prima fra tutte le unità dell’Esercito. Alla Brigata “Sassari” vennero conferite di 2 Medaglie d’Oro al Valor Militare nell’arco di una sola campagna di guerra, caso rimasto unico nell’Esercito Italiano. Dei 22 “Sassarini biellesi” incorporati a fianco dei Sardi, sette non faranno più ritorno a casa: Bona Mario Francesco di Quintino; Ranaboldo Giuseppe di Giorgio; Alciato – Botta Secondino di Luigi; Marzaglia – Corino Antonio di Federico; Balma Luigi di Quirico; Barberis – Negra Davide di Luigi e Zoppo Carlo di Giovanni.
Dal 24 Maggio 1915 una leva militare di ogni estrazione – giovani e meno, e proveniente da tutte le regioni – fu attiva al fronte contro l’Impero Austro-Ungarico, mentre nei luoghi di residenza e lavoro quotidiani donne e anziani ancora abili presero il posto degli uomini partiti per combattere. Durante le varie fasi del conflitto diverse migliaia furono gli sfollati, specie a seguito della rotta di Caporetto del 1917, quando migliaia di Veneti e Friulani furono costretti alla fuga e dirottati in altre regioni e città d’Italia, compresa Biella. Il contributo di sangue fu alla fine enorme, ricomprendente, oltre ad invalidi e mutilati, centinaia di migliaia di morti, tra cui: 523 giovani biellesi, 3.121 Caduti dell’attuale Provincia di Biella e 13.602 figli di Sardegna che le pietre di Nuraghe Chervu vogliono ricordare.
Ivan Solinas
Nell’immagine: Biella, IV Novembre 2019, Tricolore a Nuraghe Chervu davanti al lastricato di pietre con inciso località e numero dei Caduti, provenienti da Comuni sardi e piemontesi