Presepio di Pettinengo: paesaggi e personaggi in attesa dei Magi

ingresso alla chiesa di Gurgo

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Si potrà visitare fino a domenica 12 gennaio, tutti i giorni dalle 15 alle 18, con ingresso libero, il Presepio delle migrazioni di Pettinengo, allestito in frazione Gurgo nell’oratorio di San Grato, recentemente strappato alla demolizione grazie all’impegno dell’associazionismo locale e dei Sardi di Biella del circolo “Su Nuraghe”.
La capanna in cui è nato Gesù 2020 anni fa, nella rappresentazione che ne ha dato l’artista biellese Mauro Zanella, è stata “trasferita” dal Medio Oriente ai piedi delle Alpi. Il contesto in cui si inserisce la scena sacra della natività, infatti, è costituito da elementi paesaggistici tipici del Biellese e delle sue valli confinanti, la Valsesia e la Valle d’Aosta. All’ombra del Mucrone dipinto a tempera da Idillio Zanella, su base fotografica di Michele Santeramo, i visitatori potranno ammirare la cura con cui sono state riprodotte una mezza dozzina di case Walser di Alagna e Gressoney. Il castello che le sovrasta in alto a destra, invece, rappresenta idealmente una delle tante fortezze tardo-medievali che punteggiano la Val d’Aosta all’imbocco delle sue valli laterali. Per realizzarlo Mauro Zanella ha impiegato quasi un anno, nel tempo libero, utilizzando ben ventiduemila mattoncini di gesso.
Di fianco al castello, un torrente in secca, con il greto fatto di minuscoli ciottoli bianchi, passa sotto alla riproduzione in scala del “pont dal diau” (ponte del diavolo) di Pont Saint Martin. Narra la leggenda che Martino, vescovo di Tours, di ritorno nella sua diocesi, si trovò bloccato dalla piena del torrente Lys. Apparve il diavolo e gli disse che avrebbe costruito in una sola notte un solido ponte in cambio dell’anima del primo che lo avrebbe attraversato. Il santo accettò, ma il giorno dopo gettò un pezzo di pane sul ponte per far sì che il primo ad attraversarlo fosse un cane affamato. Il diavolo, risentito per essere stato gabbato da un vescovo che ne sapeva una più di lui, si dileguò in una nuvola di lampi e vapori di zolfo, lasciando il ponte agli abitanti del villaggio.
Anche la Valsessera è rappresentata nel presepe. Il tetto della capanna della natività è coperto di paglia, in omaggio alle antiche tegge, tipiche baite degli alpeggi valsesserini.
Ma il paesaggio non è l’unica peculiarità di questo straordinario diorama prospettico animato.
Le statuine più grandi, alte circa una spanna, sono state vestite con gli abiti tradizionali di molte regioni italiane, in particolare quelle da cui provengono le principali migrazioni nel nostro territorio. Il Veneto, in primo luogo. E sono veneti i panni che indossa il pescivendolo, una delle figure chiave del presepio, rappresentato a Pettinengo con in mano un cesto colmo di pesci. Il pescivendolo è tradizionalmente associato (a volte coincidente) con il pescatore. Mestiere che praticavano i discepoli di Gesù, da lui scelti per diventare “pescatori di uomini”. Il pesce, inoltre, è il simbolo stesso di Cristo per le prime comunità cristiane.
Tutte le statue in primo piano sono state realizzate a mano con pasta polimerica sintetica da Mauro Zanella, e poi vestite, a partire dal febbraio scorso, dalle Donne del filet di Su Nuraghe. Tutte tranne una. Quella del Friuli. Qualche giorno fa una signora di Pettinengo si è accorta che nel presepio non era rappresentata la regione da cui lei stessa era emigrata molti anni fa. «Ve la porto io la statuina del Friuli» ha detto ai presenti. Pochi minuti dopo è tornata con una splendida figurina realizzata con foglie di grano turco che ha subito trovato posto tra le altre, in ottemperanza al monito del Santo Padre Francesco, che nella sua recente lettera apostolica individua il vero significato del presepio in un’unica parola: “accoglienza”.

Michele Careddu

Nell’immagine: ingresso alla chiesa di Gurgo

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