Laboratorio linguistico a Biella per imparare a leggere e a scrivere in Sardo e in Piemontese – presentazione a cura del prof. Sergio Maria Gilardino, coordinatore scientifico del Convegno “La lingua dei Popoli” organizzato da Su Nuraghe.
I Piemontesi non sanno di avere una lingua e una letteratura millenaria. Non la leggono, non la capiscono, non la studiano – esistono ben 72 dizionari del Piemontese – È disponibile un elenco dei principali dizionari, grammatiche e opere letterarie in piemontese.
Il Piemontese possiede il più antico documento letterario tra tutte le lingue neolatine. Sono i Sermoni Subalpini (1100). Alla fine del Quattrocento Giovan Giorgio Alione (1460-1529) ci dà il primo capolavoro di questa lingua letteraria, l’Opera Iucunda (1525). Giovan Battista Tana (1649-1713) ci dà con Ël cont Piolèt quella che Benedetto Croce nel suo libro intitolato Letteratura italiana del 700 definisce come “la più bella commedia del primo Settecento”. Ignazio Isler (1699-1778) ci dà con le sue Canzoni la più bella raccolta di versi del Settecento. Edoardo Ignazio Calvo (1773-1804) ci dà con le sue canzoni rivoluzionarie (uniche nella tradizione letteraria di tutta la penisola italiana) e le sue Favole morali uno dei più grandi capolavori della letteratura in Piemontese a cavallo tra Sette e Ottocento. Nel 1783 Maurizio Pipino scrive la grammatica e compila il dizionario della lingua di corte, il Piemontese. Le più belle poesie risorgimentali sono opera di Angelo Brofferio (1802-1866). Il Piemonte conosce il suo più grande poeta del popolo in Nino Costa (1886-1945). Del 1927 è la fondazione della Companìa dij Brandé e con essa si ha la rinascita letteraria, linguistica e lirica del Piemontese. Questo sodalizio informale ha prodotto sino ad oggi (è arrivato alla quarta generazione) più di 150 volumi di stupenda poesia e di prosa d’arte. Per mezzo secolo, tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento, il giornale ’L Birichin, interamente in Piemontese, aveva tirature che superavano quelle della stampa torinese in lingua italiana.
Il Piemontese occupa un posto unico nel novero delle lingue letterarie regionali illustri d’Italia (il Milanese di Carlo Porta, il Veneziano di Marin Sanudo, il Romanesco di Gioacchino Belli, il Napoletano di Salvatore Di Giacomo, ecc.), in quanto non fu solo lingua di popolo, ma anche lingua di corte. I Savoia, a corte, parlavano il Piemontese. Il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, non parlava l’italiano. Suo padre, Carlo Alberto, parlò solo e sempre in francese.
La lingua del re, il torinese raffinato, si impose come lingua letteraria e dalla fine del Seicento in poi la sua ricca gamma lessicale, la sua raffinata pronuncia e la sua grafia diventarono la norma per tutta la vasta area in cui il Piemontese (con innumerevoli varianti locali) era parlato. Ancora una generazione fa i vecchi piemontesi si riferivano al torinese letterario, di corte, di aristocrazia e di clero, come al “parlé fin”, cioè il “parlare raffinato”. Ne riconoscevano l’esistenza e il prestigio.
Mentre per Venezia, che impose per secoli la sua lingua nel Mediterraneo, ma non nell’entroterra veneto, e per le altre grandi città italiane, non esisteva una “norma” della lingua regionale, in Piemonte tutte le opere letterarie furono redatte in questa lingua. Chiunque ha scritto, poetato, redatto prose, articoli di giornale, lo ha fatto nella koiné, la lingua letteraria del Piemonte.
Il Piemontese letterario oggi si è arricchito con i contributi lessicali e idiomatici presi da molte delle sue varianti locali.
In linguistica ci si riferisce alle varianti di una lingua come ai “dialetti”.
Così, ad esempio, la linguistica Nord-americana si riferisce all’inglese britannico, canadese, statunitense, australiano, neo-zelandese, sud-africano, indiano come a ai “dialetti della lingua inglese”. L’insieme di questi “dialetti” forma il patrimonio lessicale e idiomatico della “lingua inglese”.
L’uso denigratorio e restrittivo che si fa in Italia della parola “dialetto” non esiste nella linguistica internazionale. In quel senso è usato solo dai linguisti italiani.
Tra dizionari del Piemontese letterario e delle sue varianti locali esistono ben 72 dizionari del Piemontese (con riferimento all’italiano, ma anche allo spagnolo argentino, al francese, al latino).
Pure le grammatiche, dal Settecento ad oggi, sono numerosissime. A Torino, all’inizio del Novecento, v’erano più dizionari riferiti al Piemontese che dizionari della lingua italiana.
Di questa millenaria tradizione letteraria in lingua Piemontese non vi è menzione nelle storie della letteratura italiana e nei manuali scolastici.
I Piemontesi non sanno di avere una lingua e una letteratura millenaria. Non la leggono, non la capiscono, non la studiano.
Le traduzioni apprestate in Piemontese da Sergio Maria Gilardino (Sergi Girardin) laboratorio linguistico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant” sono in Piemontese letterario, in conformità alla migliore tradizione letteraria di questa lingua.
Se le persone di lingua madre Piemontese avessero delle difficoltà a capire alcune parole o forme grammaticali (finali di verbi, plurali, ecc.), il traduttore – che coopera con l’associazione culturale Su Nuraghe di Biella, e con il suo animatore e presidente, il prof. Battista Saiu, sarà lieto di fornire schiarimenti a chiunque vorrà chiederglieli. Ringrazia Su Nuraghe per averlo associato in questa bellissima iniziativa di divulgazione della poesia in lingua Sarda e in lingua Piemontese.
È disponibile su semplice richiesta un elenco dei principali dizionari, grammatiche e opere letterarie in piemontese.
Sergio Maria Gilardino (Sergi Girardin)
Caraj (Caraglio, CN), ël 16 ëd mars dël 2020.
Nell’immagine: Biella, Sergio Maria Gilardino a Su Nuraghe, presiede una sezione del Convegno “La lingua dei Popoli”