Due Giugno 2020: garibaldini “mascherati e distanziati” di Su Nuraghe rendono omaggio al monumento dell’eroe ai giardini Zumaglini di Biella
Nella mattinata di ieri, due giugno 2020, tre garibaldini “mascherati” di Su Nuraghe, in occasione del 138° anniversario della morte dell’eroe dei due mondi, hanno deposto un mazzo di fiori davanti al monumento a lui dedicato ai Giardini “Zumaglini” di Biella. È stato un modo alternativo di spegnere le 74 candeline per il compleanno della Repubblica Italiana.
L’omaggio floreale era frammisto a rami di mirto, lentisco, ginepro e alloro degli eroi. Essenze non scelte a caso. Erano infatti i tipi di legna – facilmente reperibili nella sua tenuta sarda di Caprera – predisposti da Garibaldi stesso per la composizione della sua pira funebre: «ordinò ai suoi di raccoglierli: il ginepro resinoso, il lentisco profumato, il mirto sacro, qualche corbezzolo e rami di pino, li fece accatastare. Stabilì che sopra fosse collocata una grande lamiera e su questa un lettuccio su cui deporre la sua salma vestita della gloriosa camicia rossa».
Nel suo testamento politico, al termine di una meticolosa lista di procedure per la sua cremazione (che alla sua morte sarà negata dalle autorità) Garibaldi riporta alcune riflessioni degne di nota, perché in un certo senso, e con qualche forzatura, premonitrici: «Potendolo, e padrona di sé stessa, l’Italia deve proclamarsi repubblicana, ma non affidare la sua sorte a cinquecento dottori, che dopo averla assodata con ciarle, la condurranno a rovina. Invece scegliere il più onesto degli italiani e nominarlo dittatore temporaneo, e con lo stesso potere che avevano i Fabi e i Cincinnati. Il sistema dittatoriale durerà sinché la nazione italiana sia più educata a libertà, e che la sua esistenza non sia più minacciata dai potenti vicini. Allora la dittatura cederà il posto a regolare governo repubblicano».
Il simbolico mazzo di fiori è stato poggiato sul masso che fino al 1923 faceva da basamento al vecchio monumento a Garibaldi, progettato dall’eclettico artista Giuseppe Maffei e sul quale sono riportati i nomi di una sessantina di garibaldini biellesi, alcuni poco leggibili perché parzialmente interrati.
«Gli uomini validi della nostra terra non diedero molto al volontarismo – scriveva Mario Rosazza nel 1932 – non ne avevano bisogno, erano pur sotto le armi da secoli, obbedienti alla voce dei duchi e dei re, in lunghe ferme (fino a 8 anni) ricche di sacrificio, e in molte campagne degli eserciti regolari per la Patria crescente».
Ciò era vero solo in parte, e infatti recenti studi hanno dimostrato che i garibaldini biellesi furono quasi il doppio di quelli scolpiti sul masso. E almeno 112. I nomi di alcuni di loro sono stati ritrovati negli elenchi dei Cacciatori delle Alpi, studiati da Anna Maria Isastia nel 1990, altri nell’archivio di Stato di Torino nell’ambito del progetto “alla ricerca dei garibaldini scomparsi”, altri ancora nei “numeri unici” pubblicati dalla Democrazia biellese. Tra i Mille di Marsala, ovvero quelli che sbarcarono in Sicilia nel 1860, figura un solo biellese: Pietro Pasqual Cucco. Uno su mille, dunque, come ordine di grandezza. Più o meno la stessa percentuale dei garibaldini biellesi del ’60 che accorsero via via in supporto alla spedizione di Quarto, con i successivi invii di volontari. Ovvero 35 su 35.000.
Considerato che al primo censimento del 1861 Biella conta poco meno di 10.000 abitanti, che la leva obbligatoria (ad estrazione, e in questo periodo della durata di 8 anni, con l’obbligo di non sposarsi) costringeva un buon numero di sudditi a prestare servizio militare nell’esercito regolare, ci si accorge che “uno su millle” non è una percentuale trascurabile. Molti garibaldini biellesi erano animati da un sincero idealismo e seguirono il Generale anche in più di una campagna. Emblematico il caso di Giuseppe Marochetti, primo garibaldino biellese sia in ordine di tempo che di importanza, che era al fianco di Garibaldi addirittura nella Legione italiana in Uruguay nel 1845, partecipò alla battaglia del Salto nel ’46 e comandò nel 1859 il Quinto reggimento dei Cacciatori delle Alpi. In un’illustrazione, di incisore anonimo, del libro di Luigi Palomba, “Vita di Giuseppe Garibaldi”, lo vediamo brindare assieme al Vescovo di Biella, Giovanni Pietro Losana e a Giuseppe Garibaldi, all’Unità d’Italia.
Michele Careddu
Nell’immagine: giovani garibaldini di Su Nuraghe depongono fiori ai piedi del monumento biellese dedicato a Giuseppe Garibaldi