“Meledade/Meditate”, poesia di Nicola Loi che attraversa l’oceano

Sedilo, Nuraghe Lure

Martedì 27 ottobre, ore 21:00 collegamento transoceanico tra “Su Nuraghe” Biella e Circulo sardo “Antonio Segni” La Plata (Argentina) – poesia di Nicola Loi per il Laboratorio linguistico intercontinentale su piattaforma Google Meet.

La vita è quel fiume – o, almeno, così si crede – che l’essere umano naviga attratto dall’utile che tutto calpesta. Ma “…quel fiume non torna indietro – cuddu riu no torrat a segus“. Queste le parole del Poeta.
Ma, nella mutabilità dello scorrere del tempo e della vita, l’Io permane intatto. Nella sua immutabilità, è attraversato da forze che lo agitano e lo sballottano di qua e di là. Forze che obbediscono a leggi oscure, contro le quali, forse, servirebbero dei principi, morali o religiosi o razionali: difficile dire. I principi, a dire il vero, ci sono, ma precipitati in fondo a noi stessi, nascosti. Dimenticati e, sovente, ritenuti addirittura obsoleti per tranquillità d’animo, per bieca comodità.
La devozione all’oro, che brucia le mani di chi lo maneggia, (…sa manos brujadas dae s’oro, per riportare le parole del Poeta) fa diventare di pietra il cuore. E con cuori di pietra abbiamo a che fare giorno dopo giorno. Pietra che assume diversi aspetti e mutevoli: dalla pigrizia a fare alla svogliatezza, dalla volontà di non affrontare la realtà e di non assumersi responsabilità alla superficialità con cui si liquidano situazioni che meriterebbero ben altra coerenza: ci si nasconde dietro mode e ideologie – religiose, filosofiche, politiche – che, così ci fa comodo credere, ci sollevano dal pensare, dall’affrontare con rettitudine la realtà…
Non può esserci pace in questo vivere: c’è solo il fiume che scorre, sovente trasportando, ma altrettanto di sovente travolgendo chi lo affronta. Il fiume, però, non è la vita, ma il suo scorrere.
La vita, l’Io, l’essere umano sono impenetrabili al trascorrere, solo apparente, delle cose. E, nuovamente, in questo non-vivere non può esserci pace. Se la si vuole davvero questa pace, ebbene la si metta – prima – dentro di noi. Così il Poeta. E, prosegue, il Poeta affermando che trovare la pace, servire la verità significa “…ritornare a passi indietro – torrare sos passos in segus“.
Ma, il fiume scorre, è nella sua natura. Il tempo e la vita sono già svaniti, sono già un ieri che scompare nel tempo. E il fiume non solo trascina – senza tregua, senza requie – ogni cosa con sé, ma, per sua natura, non può tornare indietro.
Così la vita: indietro non torna; e, le cose che passano – le occasioni da cogliere – non ci sono già più.
Proprio così! Però, deve venire da domandarsi: e i ricordi? Quelli belli, che consolano; quelli brutti che bruciano? Non conoscendo che il presente, l’attimo in cui si vive, siamo immersi nel passato, nella nostra piccola storia; quella piccola storia che è noi. Quella fugace parvenza di eternità che sono i nostri ricordi.
Ma non basta… L’essere umano è fatto di sentimenti: allora, il fiume – è vero – scorre, ma non porta con sé le nostre azioni. Trascina con sé i loro effetti. Quelle, le azioni, sono il noi che siamo, nel bene e nel male. Quelle, le azioni, sono il sentimento che – pur sbagliando, pur obbedendo ciecamente alla comoda malvagità quotidiana – informa la nostra piccola realtà umana.
Sono il fondo immutabile di noi stessi: sono la nostra parte perduta, confusa in una congerie di desideri altalenanti, di sentimenti mal compresi e scambiati per tensioni sincere, che hanno soffocato la nostra vera natura, luminosa e immutabile: splendente come un suono che si coglie…eppure già più non c’è.
Di contro al fiume che scorre inarrestabile, sta la staticità dell’Io, immodificabile, eterno e fuori dallo scorrere temporale, inalterabile. E’ a questo Io che dobbiamo riuscire a tornare. Perché, in questo Io c’è tutta la persona, tutto l’essere umano che naviga lungo il fiume della vita, con le sue paure e le sue incertezze; con i suoi dubbi mai risolti… Naviga, l’essere umano, e confonde il navigare con la sua vera natura. In questo mutevole trascorrere si perdono amici e gioie; si va contro la natura del mondo, sacrificando – come con vigore sottolinea il Poeta – tutto e tutti all’utile, a quanto è concretamente monetizzabile: divinità crudele, che alletta e distrugge chi la venera. Per fortuna, uno spiraglio nella meditazione, nella meledade, sembra aprirsi, perché, alla fine “…sa chi binchet est sa beridade – … quella che vince è la verità“.
Quella verità che, seguendo Platone, “ci libererà”; quella verità, il cui senso greco indica un processo di approfondimento, di eliminazione di errori, di chiarificazione di dubbi e tormenti: tutto quello che, banalmente, usiamo chiamare “vita”. Verità che fa cadere il velo che nasconde la realtà. Verità totale, non verità piccola di casuale corrispondenza tra quanto si dice e quanto si vede. Cade il velo, esplode la luce. Ma non così, semplicemente. Occorre uno sforzo immane di tutto l’Io: dobbiamo riconoscere che abbiamo sbagliato, che abbiamo inseguito sogni malvagi e chimere fallaci: la soluzione è una sola, per avere pace, verità, saggezza; occorre tornare, umilmente, sui propri passi: “… torrare sos passos in segus – ritornare a passi indietro“.
Così il Poeta.

Pietro R. Borenu


Meledade

Su riu trazat su dolore umanu,
Su chi arrivat dae antigas venas.
E totta notte finas a manzanu,
Finas a mare anneos e penas.

Sunt sas funtanas de betzas istigas,
Chi su cantaru bundat de continu.
E de sa zente dolos e fadigas,
Chi cun pelea perdent in caminu.

Ma sa currente andat a derettu,
Est car’a mare, no si frimmat mai,
E cuddu riu no est mai chiettu,
No tenet pasu, andat semper gai.

Sa vida andat comente sa nue,
Chi in su chelu carignat su bentu.
E s’omine andende a pesa-rue,
No si chircat reparu unu mamentu.

Semper in gherra pro unu desertu,
Chi cuddu riu li segat in duos.
Ca mai a s’arrejone s’est abbertu,
Sulende fogu dae sos frades suos.

Cun sas manos brujadas dae s’oro,
Chi mandighende est finas sos sentidos.
Ca una pedra ‘ia at su coro,
E sos beranos che li sunt fuidos.

E cudd’amore chi est meighina,
L’at cattigadu e lassadu a un’ala.
Dae cue bessit abba cristallina,
Pius de su riu chi at abba mala.

Su male chi as fattu a frade tou,
Cuende tottu in d-una deidade.
Cussu t’agattas subra dae nou,
Ca sa chi binchet est sa beridade.

Ma cuddu riu no torrat a segus,
Ma podes aer’ arrepentimentu.
Si cheres chi sa paghe siat cun tegus,
Pro la chircare ponebei appentu.

Sa paghe pone prima intro a tie,
E dae poi la podes semenare.
No andes a bettare neghe a chie,
Chi tue ses su primmu a la negare.

Ammenta chi b’at una pedra iscritta,
Si s’amistade la cheres cun tegus,
Dogni peraula giughet beneitta,
Deves torrare sos passos in segus.

Nigolau Loi, su 20 de santuaine 2020


Meditate

Il fiume trascina il dolore umano,
Quello che arriva da antiche vene.
E tutta notte fino a mattino,
Fino a mare affanni e pene.

Sono le fontane di vecchie impronte,
Che il cantaro abbonda di continuo.
E della gente duoli e fatiche,
Che con mestizia gocciolano di continuo.

Ma la corrente va dritta,
È faccia a mare, non si ferma mai.
E quel fiume non è mai cheto,
Non ha riposo, va sempre così.

La vita va come la nuvola,
Che nel cielo coccola il vento.
E l’uomo andando alzato-caduto,
Non si cerca riparo un momento.

Sempre in guerra per un deserto,
Che quel fiume gli taglia in due.
Che mai al ragionamento si è aperto,
Soffiando fuoco dai fratelli suoi.

Con le mani bruciate dall’oro,
Che mangiando sta anche il senno.
Perché una pietra già ha il cuore,
E le primavere che gli sono sfuggite.

E quell’amore che è medicina,
L’ha calpestato e lasciato da una parte.
Da dove esce acqua cristallina,
Più del fiume che ha acqua mala.

Il male che hai fatto a tuo fratello,
Nascondendo tutto in una divinità.
Quello ti ritrovi sopra di nuovo,
Perché quella che vince è la verità.

Ma quel fiume non ritorna indietro,
Ma puoi avere contrizione.
Se vuoi che la pace sia con te,
Per cercarla mettici impegno.

La pace metti prima dentro di te,
E poi la puoi seminare.
non andare a gettare colpa a chicchessia,
Che tu sei il primo a negarla.

Ricorda che c’è una pietra scolpita,
Se l’amicizia la vuoi con te,
Ogni parola arriva benedetta,
Devi ritornare i passi indietro.

Nicola Loi, 20 ottobre 2020


Nell’immagine: Sedilo (Oristano), Nuraghe “Lure”. Sardegna, museo a cielo aperto, i nuraghi candidati a diventare patrimonio UNESCO (foto di Marco Collu).

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