Si può essere Villacidresi, nascendo fra Ivrea e Vercelli? La risposta non è del lutto elementare, ma quando in famiglia si respira e si vive la Sardegna, pur immersi nelle umide nebbie della pianura piemontese, ci sono eccellenti probabilità che il cuore sia più in Campidano che in riva al Canale Cavour.
Chi è Massimo Zaccheddu
Massimo Zaccheddu è il figlio trentottenne di una giovane villacidrese e di un giovanotto di Villanovafranca, che partirono una quarantina d’anni fa per cercare lavoro in Piemonte: cresce, come è facile immaginare, vivendo la malinconia e la nostalgia per la patria lontana dei genitori, pur essendo felicemente ed attivamente inserito nell’ambiente di Santhià. Fin da adolescente entra a far parte del “Corpo dei pifferi e tamburi”, gruppo musicale del Carnevale storico più antico del Piemonte: suona il piffero e per due anni studia teoria del solfeggio.
Inizia a scrivere musica e nel 1986 partecipa per la prima volta al Festival per voci e volti nuovi di Castrocaro, arrivando alle finali con un pezzo per pianoforte e voce; negli anni successivi si presenta anche a Sanremo Autori, a Una voce per l’Europa (Riccione), ancora a Castrocaro ed infine al Festival di Recanati.
Decide di chiudere questa fase, in cui sì è divertito a fare musica leggera di tipo “sanremese”, dopo aver sperimentato in prima persona le difficoltà che, anche nel mondo della canzone, può incontrare chi non scende a compromessi.
Dalla musica leggera alla musica sarda
Nel 1995-96 la svolta. Battista Saiu, presidente del Circolo dei sardi a Biella, aveva attivato un coro popolare ed invita Massimo a farne parte; è l’occasione per conoscere a fondo, studiare ed apprezzare le realtà musicali sarde (specie i cori a tenores).
Ed infatti compone in questo periodo “Ninniu”, una ninna nanna in campidanese.
Intanto collabora con il bassista di Fabrizio De André e con altri musicisti di spessore. Sempre in quegli anni scrive anche “Fortza Casteddu”, inno alla squadra di calcio, e prosegue le registrazioni in sala d’incisione, arrivando a 70 pezzi. Nel 2001 partecipa alla prima edizione del premio Faber, a Sassari (per la canzone inedita in lingua sarda), presentando il brano “Storie”. Nel 2002, a giugno presenta, con pochi consensi, “Ninniu” al Festival della Canzone Sarda di Sesto; a ottobre si posiziona bene nel Festival Nazionale di Biella e a dicembre è fra i primi dieci alla seconda edizione del premio Faber. Nella primavera 2003 viene contattato da Radio Uno RAI: il programma serale Demo trasmette “‘Ninniu” ed il brano arriva sesto per numero di preferenze fra gli ascoltatori, e così viene inserito, unico pezzo sardo, nella prima raccolta etnica che la RAI pubblica in diecimila copie per far conoscere i nuovi autori al pubblico e alle case discografiche.
Pochi mesi dopo è la volta di “Giòganta e tzérrianta“, che richiama il popolare gioco de “Sa murra“: anche questo viene trasmesso da Demo RAI. Il 2004 vede affermarsi la bella voce di “Zac” (come viene affettuosamente chiamato) ancora in varie manifestazioni, fra i circoli degli emigrati in nord Italia e al Salone del Libro di Torino. La canzone “Ninniu” viene poi scelta, proprio grazie alla trasmissione Demo, per essere inserita nella colonna sonora dei film “Ladri di barzellette”. II brano riceve inoltre altri premi dalla critica.
L’amore per la sua terra
La passione di Massimo Zaccheddu per la musica è un tutt’uno con l’amore per la terra delle sue radici: fin dall’età di cinque anni trascorre almeno un mese ogni estate a Villacidro.
In Piemonte, nella casa paterna, si parla regolarmente il sardo: e a chiacchierare con lui, si intuisce subito che Zac non è il classico figlio di emigrati che spiccica a fatica due parole: lui il sardo lo parla e lo pronuncia correttamente, così come, quando parla italiano, tradisce l’accento della sua Santhià.
Per di più, frequentando assiduamente i circoli degli emigrati, tocca con mano lo spirito che pervade quelle comunità: “Ci sono tanti sardi che han fatto carriera, e ricoprono incarichi di prestigio – dice Massimo – ma che pure non vedono l’ora di tornare nell’isola, o che sarebbero disposti a piantare anche tutto quello che hanno saputo realizzare, se avessero l’occasione di rientrare e poter lavorare in Sardegna”. E infatti l’ultima sua fatica tocca proprio questi temi: “Traballu in domu mia“, che gli ha fatto ottenere l’ennesimo passaggio sulle frequenze di Radio Uno RAI, narra del comune desiderio che gli emigrati provano, che poi è quello che si respira appunto nei vari circoli sparsi per il mondo. I testi di Zac rendono trasparente la sua voglia di fare per la Sardegna, per Villacidro in particolare, della cui realtà è riuscito a far parte pur stando lontano. La musica, specie quella popolare, rappresenta per lui sempre un hobby e una passione, che gli piace coltivare con entusiasmo e che nasce con semplicità: ma il suo sogno è stato da subito riuscire a trasmettere emozioni, sensibilizzare alla conoscenza delle tradizioni e dei luoghi. Il percorso artistico che sta compiendo ne è testimone.
Simone Nonnis
(tratto da “Il Provinciale” del 15/01/2005)