Dai bei versi di Tavo Burat, biellese, desumiamo un po’ di credenze popolari, che si riferiscono al sole nelle diverse stagioni. La luce, a partire da Santa Lucia si “avvia”, diventa cioè via via più forte: la lus as anandia da Santa Lussìa, ël sol a Natal a eclata e Re con ij Re a s’ancoron-a për marié la tèra bela andurmìa dal mascheugn ëd l’invern, a Pasca chiel a la basa e a la dësvia, a svërliss dru con ël Maj e ’d garlande a l’anzoliva [Tavo] = la luce prende l’abbrivio dal giorno di Santa Lucia (sembrerebbe una contraddizione, poiché la sua festa coincideva con il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno, ma quel giorno è anche visto come il precursore del periodo natalizio e dunque dell’arrivo della luce di Cristo) il sole trionfa fanciullo a Natale e Re con i Magi s’incorona per sposare la terra bella addormentata nel sortilegio dell’inverno, a Pasqua egli la bacia e la risveglia, svetta fecondo con il Maggio e di ghirlande l’adorna.
Quasi impossibile tradurre con altrettanta efficacia espressioni ël sol a eclata, andurmia dal mascheugn ëd l’invern, a svërliss dru e ’d garlande l’anzoliva, dove le parole piemontesi, veicolatrici di plusvalenze semantiche ereditate da antichi miti pagani, chiaramente contengono un potenziale di forza rigeneratrice che la lingua d’arrivo – in questo contesto – non possiede.
Si deve dar atto a Tavo di averci servito per il Natale un’altra manciata di antiche parole legate alla terra e alla cultura piemontese.
Nell’immagine: l’incipit “P” di “Puer” della Messa di Natale, in Missale Magnum Festivum Domini Georgii Challandi (sec. XV), Priuli e Verlucca 1993, copia facsimile posseduta a Biella dal Comm. Mario Coda