Il formarsi della prima luna piena successiva all’equinozio di primavera determina la Pasqua cristiana, come codificata dal Concilio di Nicea nell’anno 325. Rimodulata sulla Pasqua ebraica, è memoria della passione, morte e resurrezione del Redentore.
In quella che è la maggiore festività cristiana convergono arcaici gesti di ritualità popolare presenti su entrambe le sponde del Mediterraneo – africane ed europee – giunte fino a noi attraverso il Vicino Oriente dove è nato Gesù.
Tra queste, al pari delle palme “filadas”, intrecciate secondo certi moduli compositivi, troviamo “sos nenneres”, piatti di semi (grano, lino, ceci o lenticchie) fatti germinare al buio. Sussunti per trasferimento nella nuova Fede, risalenti alla civiltà cerealicola della “mezzaluna fertile”, questo rito popolare – ancora attivo nell’Isola e in diverse località di isole e Penisola – indica la rinascita della natura alla vita. Tale germinazione coincide con la celebrazione della resurrezione di Cristo salvatore, da sempre associata alla congiunzione astrale tra luna e sole; astro che, entrando nella costellazione dell’Ariete, feconda e ingravida la luna illuminandola per intero con suoi raggi. Primo segno dello zodiaco a principiare il Noruz, l’anno zoroastriano (quello dei Re Magi) ancor oggi festeggiato in Iran, e che prosaicamente ritroviamo sulle nostre mense come agnello.
Segni e saperi dotti connessi al sacro: per molti ormai illeggibili ma che, nella ritualità dei semi geminati, risbocciano con “sos nenneres” del Giovedì Santo, portati dai Sardi nelle chiese biellesi.
Battista Saiu
Nell’immagine, Biella, chiesa cattedrale, “nenneres” di frumento e di lenticchie per il “sepolcro, cappella del Santissimo Sacramento.