Si è conclusa domenica 18 giugno la tradizionale Festa Sarda di Biella, giunta alla sua ventiseiesima edizione, dopo tre anni di assenza per via del Covid-19. “Sa Die de sa Sardigna”, festa del Popolo sardo, è stata organizzata dal Circolo Culturale “Su Nuraghe”, patrocinata dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalla Regione Piemonte, in collaborazione con la Città di Biella e la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (Fasi). L’evento si è avvalso inoltre del contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.
Le celebrazioni sono iniziate alle 10 del mattino, sul sagrato della Basilica di San Sebastiano intitolato ad Alberto Ferrero Della Marmora, dove i fucilieri di “Su Nuraghe” hanno sparato alcune salve benaugurali, seguite dalle note della banda musicale “Filarmonica cossatese”.
Poco dopo, all’interno della chiesa che custodisce, nella cripta La Marmora, le spoglie dei quattro generali del Risorgimento (Carlo Emanuele, Alessandro, Alberto e Alfonso), il frate francescano guardiano del convento, Costantino Gabitskiy, ha officiato la santa Messa (Missa Majore). Il rito è stato punteggiato dai canti in lingua sarda delle “Voci di Su Nuraghe”, coro diretto da Roberto Perinu, con accompagnamento musicale di Valentina Foddanu.
Per l’occasione, al momento dell’eucarestia, padre Gabitskiy ha utilizzato il “Calice della Sardegna”, con la sua patena (piatto), che normalmente è esposto al Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli, di Pettinengo. Si tratta di una copia ricavata dallo sbozzo del calice originale, fuso con l’ultimo oro estratto dalla miniera di Furtei, nel Sud dell’Isola. Nella patena sono incastonate 16 pietre semipreziose a rappresentare le sub-regioni in cui è divisa la Sardegna. Entrambi i vasi sacri, impiegati durante i principali momenti religiosi della comunità sarda residente in Piemonte, sono decorati in filigrana d’argento lavorata “a corbula” e rivestiti in oro. Il calice originale, invece, un chilo e mezzo di oro massiccio, è conservato a Cagliari e viene utilizzato nelle solennità isolane celebrate nel santuario di Nostra Signora di Bonaria, patrona della Sardegna e protettrice dei naviganti.
Secondo il diritto canonico il vino utilizzato nella celebrazione eucaristica «deve essere naturale, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee» ed è vietato usare del vino sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio. A garanzia dell’osservanza di questo precetto, la comunità sarda di Biella, ha donato il vino della Cantina del Mandrolisai, “Kent’Annos”, per l’offertorio.
Michele Careddu
Nell’immagine, Biella, Basilica di San Sebastiano, “Voci di Su Nuraghe” davanti al monumento dedicato ad Alberto Ferrero della Marmora