![coroncina di pasta alimentare](/files/img/2/419.jpg)
Sin dal Settecento la cucina piemontese è oggetto di studio. Nel secolo dei Lumi essa si presentava fortemente influenzata nelle pietanze e nelle modalità di portata dalla cultura gastronomica d’Oltralpe, come nel caso del servizio alla francese, caratterizzato dal fatto di porre sin dall’inizio del pasto tutte le portate a tavola, circostanza che attualmente di rado trova riscontro nel territorio subalpino1. Quella che era la cucina sabauda cominciò ad italianizzarsi a partire dall’Ottocento, a seguito del verificarsi di differenti fattori e fenomeni di natura sociale e storica. Un primo apporto fu senz’altro fornito dall’affermazione della classe borghese e dall’uscita dei cuochi di professione dalle corti reali e nobiliari; al contempo, però, si diffuse l’industria e determinante fu sicuramente il contributo sociale apportato dal passaggio delle donne dal mondo delle case ai luoghi esterni di lavoro, ed in particolare alle fabbriche, fenomeno per lo più focalizzato nelle città2. Con l’Unità d’Italia ed il flusso di immigranti dal meridione del Paese nei decenni a seguire, specie, nel corso del Novecento, l’influenza gastronomica francese declinò definitivamente come verificabile dal progressivo minor spazio concesso ai grassi in favore dell’olio, non più proveniente dalla sola Liguria, e rispetto alle salse, sempre più desuete ed emarginate rispetto al passato sulle tavole piemontesi3.Continua a leggere →
- Cfr., S.Lanfranchini, 1861 – 2011: appunti per una storia gastronomica piemontese, in Torino Magazine, Anno 22, n. 92, Primavera 2010, p. 155. [↩]
- Cfr. per il Biellese: G.Perona, Per una storia delle donne biellesi, in P.Corti e C.Ottaviano – a cura di, Fumne. Storia di donne, storie di Biella, Cliomedia, Torino, 1999, pp. 75-81. [↩]
- Cfr., S.Lanfranchini, op.cit., p. 155; M.Montanari, Italia, un mosaico di culture e cucine, pp. 21-23. [↩]