La birra Menabrea, eccellenza biellese e gusto di Sardegna

Sabato 17 (ore 15-22) e domenica 18 (ore 10-19) aprile a Pray Biellese, Fabbrica della Ruota, VIII Edizione di Sapori Biellesi e Gusto della Sardegna – 30 produttori selezionati propongono i migliori risultati della loro inventiva e saper fare – due giorni di degustazione di prodotti biellesi e sardi

Lapide del brasseur Franz Stastny della Fabbrica Menabrea
Lapide del brasseur Franz Stastny della Fabbrica Menabrea.

La fabbrica di birra Menabrea, è stata fondata a Biella nel 1846, quando il Piemonte era uno dei tre possedimenti di Terraferma di S.M. il Re di Sardegna. All’epoca, l’Italia era ancora un’espressione geografica, il Regno d’Italia una speranza per pochi patrioti. Biella, dove prosperava la lavorazione della lana, apparteneva al Regno di Sardegna. In quell’anno il Signor Welf di Gressoney e i fratelli Antonio e Gian Battista Caraccio, nativi di Bioglio e caffettieri in Biella, fondano un laboratorio per produrre birra. È l’inizio di una straordinaria avventura imprenditoriale che dura ancora oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, fortemente connessa con il progredire della nuova economia industriale.
L’inizio dell’industrializzazione laniera biellese si fa risalire a trent’anni prima, quando il mossese Pietro Sella (1816) introdusse di contrabbando – attraversando valichi alpini e viaggiando di notte – la prima cardatrice meccanica acquistata a Seirang, in Belgio.Continua a leggere →

Cocone de s’ou: pane bianco di semola e uova incorporate

Pieghevole auguriIn occasione della Pasqua, anche sulle mense più umili compaiono casadinas o pardulas, dolci a base di ricotta e formaggio, tericcas o caschettas realizzate con miele o vincotto, specialità proprie del mondo pastorale e contadino.
Nel mondo della postmodernità non sempre è facilmente individuabile la distinzione tra le specialità alimentari connesse alle attività produttive; tuttavia, nelle case in cui sono presenti bambini viene ancora confezionata sa cogone de s’ou, pane bianco di semola di grano duro con uno o più uova incorporate.
Simbolo universale, idea primordiale comune a Celti, Greci, Egizi, Fenici, Cananei, Tibetani, Indù, Cinesi, Giapponesi, alle popolazioni siberiane, indonesiane ed altre ancora, l’uovo è al centro della Pasqua cristiana e rimanda a Gesù che risorge dalla tomba e al pulcino che esce dal guscio. Un simbolo precristiano di rinascita e rinnovamento della vita all’inizio dell’equinozio di primavera di cui la Pasqua giudaico-cristiana è la massima espressione occidentale.
Un grande uovo di struzzo o di porcellana, appeso nei templi, nelle chiese copte e nelle moschee, raffigura la creazione, la vita e la resurrezione.
Uova, pani e bambini rimandano alle stagioni. Sa Cogone de s’ou piccada, a motivi floreali e con foglie rappresenta la primavera, il futuro, la nuova vita.

Bonas Pascas,
Battista Saiu

Nell’immagine: cartoncino di auguri inviato ai Soci di Su Nuraghe e ai Sardi della Provincia di Biella in occasione della Pasqua 2010.

Il tempo sospeso tra canti, suoni e rievocazioni

Nella sezione fotografias alcune immagini del Venerdì Santo a Pettinengo.

Pettinengo, cantori a cuncordu di Su NuragheVenerdì 2 aprile, una nutrita rappresentanza del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella si è data appuntamento sul piazzale antistante la parrocchiale di Pettinengo per partecipare ai riti del Venerdì Santo.
In Sardegna, nel periodo immediatamente precedente la Pasqua, il tempo sembra fermarsi. Le città si vestono a lutto: ad Alghero si velano i lampioni dell’illuminazione pubblica; minuscoli villaggi e importanti centri, da Tempio Pausania a Iglesias, sono attraversati da processioni oranti già a partire dal primo giorno della Settimana Santa.
In Piemonte molti riti comunemente diffusi nell’Occidente cristiano sono stati accantonati negli ultimi decenni. Pratiche devozionali popolari resistono, per esempio, a Vercelli dove è ancora attiva la processione delle “macchine” del Venerdì Santo.Continua a leggere →

Custodire elementi identitari condivisi

I Sardi di Biella hanno accettato di salvare l’oratorio di San Grato di Gurgo dalla condizione di degrado con un intervento di recupero e restauro urgente e consistente. L’edificio sacro verrà riaperto al pubblico nella primavera 2011.

Colline della Serra, i corni del Giovedì SantoNella prospettiva delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia – lo storico passaggio dal Regno di Sardegna al Regno d’Italia – e con il dichiarato intendimento di tramandare comuni elementi identitari, la Comunità dei Sardi di Biella ha voluto partecipare nella terra di adozione ai riti del Venerdì Santo proponendo il Miserere, il “Salmo 50” cantato “a cuncordu“, invitando coristi di diverse formazioni biellesi: Valle Elvo, Burcina e Monte Mucrone, Sardi e Piemontesi concretamente uniti all’insegna di radici condivise.
Per l’occasione dodici cantori hanno indossato le mozzette della costituenda Confraternita di Sant’Eusebio, accompagnati da conterranei in berritta. Secondo il costume antico, in segno di rispetto per Cristo morto, le donne hanno partecipato con il capo velato di nero.
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San Grato di Gurgo

Storia della Chiesa Biellese, La Pieve di Cossato, vol. I, Biella, Unione Biellese, 1981

San Grato di GurgoLo storico biellese Mons. Delmo Lebole colloca la costruzione originaria dell’Oratorio di San Grato di Gurgo nel 1640, per poter adempiere in esso ad un voto fatto dagli abitanti di Pettinengo; l’ultimazione dell’edificio è databile alla fine del secolo XVII ed è stato ampliato a più riprese nei decenni successivi, con la costruzione del nuovo coro (1725-26) e della cappella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio (1757), le cui origini sono dotate di un “mito di fondazione” culturalmente molto importante; nel 1848 venne iniziata la costruzione della sacrestia, completata dal piano superiore adibito a scuola (1867), anno della costruzione della torre campanaria.
Lebole, alla p. 284, così esprime l’apprezzamento per gli elementi artistici, tuttora presenti nell’oratorio: “Degni di menzione in questa chiesa sono: il pulpito, elegantemente scolpito da mastri locali nel sec. XVIII; i candelieri in legno dorato dell’altare maggiore della fine dello stesso secolo; un calice col piede in ottone lavorato e un ostensorio del sec. XVII; un altro ostensorio a campana in metallo lavorato del sec. XVIII; il reliquiario di S. Grato, scolpito in legno dorato della stessa epoca; e una pianeta e due tunicelle di broccato di seta a fiori della seconda metà del ‘700. Al centro del coro si trova ancora l’icona secentesca rappresentante la Madonna di Oropa con i SS. Grato, Carlo, Giacomo e Michele. Interessante è l’organo dell’inizio del sec. XVIII, unico “portativo” ancora esistente nel Biellese. Si deve aggiungere che l’icona della Vergine Nera è la prima a contenere la rappresentazione della Madonna di Oropa” […]
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