Gemellaggio Biella – Cagliari: inaugurato a Biella il “Punto Cagliari”

La scatola di cartone è legata con una cordicella.
Cos’è?
È una sorta di cilindro da mago prestigiatore da cui si materializzano gli elementi più scontati del viaggiatore… o forse una sorta di valigia di Mary Poppins da cui escono impalpabili e invisibili, ma fortemente presenti, attimi di curiosità… tenerezza… malinconia… attesa.
Mirko apre la valigia, con magistrale interpretazione, usando la chiave dei sentimenti e delle emozioni più profonde. Massimo intona una nenia che pare assumere la voce stessa della Madre Terra, avvolgente, protettiva…come una mamma che sta cullando il suo bimbo. E noi, dapprima sulle difensive, a poco a poco iniziamo a fidarci ed apriamo a noi stessi la nostra valigia! Ci lasciamo prendere per mano e tiriamo fuori “cose” che stentiamo a riconoscere come nostre… e ci facciamo condurre fino a quegli angoli della nostra memoria che credevamo dimenticati.
La terra…la nostra terra …sentiamo il bisogno di appartenenza, di identità, di fratellanza e solidarietà.
Abbiamo intrapreso un viaggio che vede noi stessi crescere. Da bambini, a persone adulte, fino a diventare più maturi ed anziani. Già…noi stessi, con le nostre domande, le nostre risposte, i nostri “quando” e i nostri “perché”. Il nostro tempo si snoda attraverso i riti e le celebrazioni. Celebrando la nascita, la vita e la morte, celebriamo la natura con la sua ciclicità e la sua rigenerazione. Come una speranza! E in questa considerazione c’è la sospensione del tempo, nella consapevolezza di un “INFINITO-QUI-ORA-PRESENTE”, senza inizio e senza fine, che mi fa sentire autenticamente cosmopolita, oltre il sottile velo di ingannevole percezione temporale. Sì… ne sono certa. Chi si allontana dalla propria terra, dalle proprie radici, lo fa con il sigillo e la benedizione della medesima propria terra! Perché essa manda avanti, in una sorta di esplorazione avanguardistica, fiduciosa, i suoi figli forti, anche se essi non ne sono consapevoli.
E così facendo si creano nuovi ponti, invisibili ma reali, tra terre lontane, tra popoli, tra culture. E così Gaetano… Sergio… Nicoletta… Antonio… Ferdinando… Anna Maria… Luciano… Battista… Massimo… Mirko e tutti i presenti, affratellati da un gemellaggio più spirituale che geografico, più interiore che esteriore, dimenticano per un attimo la scatola di cartone e assaporano gli inimitabili dolcetti sardi innaffiati dal vermentino, incuranti dei quattro mori sbendati che stanno facendo l’occhiolino dallo stemma sul pavimento!

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Caro Presidente,
… anche se in ritardo ti prego di accogliere le mie felicitazioni e i miei complimenti per la bella serata che hai organizzato in occasione dell’inaugurazione del “Punto Cagliari”.
La numerosa partecipazione e la calda umanità che ho ritrovate nella vostra sede sono sprone a continuare questo significativo gemellaggio fra Provincia di Cagliari e Provincia di Biella.
Dovremo, ovviamente, riprendere i contatti con la nuova Amministrazione provinciale di Cagliari per illustrare le iniziative svolte e soprattutto gettare le basi per il futuro e speriamo proficuo programma di nuove manifestazioni.
Con viva cordialità.

Sergio Scaramal,
Presidente Provincia di Biella

Biella, inaugurato il Punto Cagliari

Sabato 16 aprile 2005, è stato inaugurato il “Punto Cagliari” presso la sede del Circolo Su Nuraghe di Biella, alla presenza di S.E. il signor prefetto di Biella Gaetano Di Tota (accompagnato dalla sua abitazione con la scorta d’onore dei Fucilieri di Su Nuraghe); il dott. Antonio Mura, assessore agli Affari Generali della Provincia di Cagliari, il presidente della Provincia di Biella Sergio Scaramal, affiancato dagli Assessori Anna Maria Fazzari e Sergio Pelosi. La città di Biella era rappresentata dall’Assessore Nicoletta Favero, mentre la FASI (Federazione Associazioni Sarde in Italia) dal dott. Luciano Locci di Savona.
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“Serata Lao Silesu” omaggio ad Alberto Ferrero Della Marmora

Domenica 10 aprile 2005, nella Basilica San Sebastiano di Biella, si è tenuto il concerto

Le limpide note del “Notturno in mi” fanno da ouverture al concerto.
Leggera gaiezza e severa profondità spirituale si rincorrono nelle navate della cinquecentesca Basilica di San Sebastiano, come in un gioco apparentemente aldilà del tempo e dello spazio, che in realtà si esprime attraverso il rigore e la precisione matematica della Musica, quasi a ricordare che nella nostra quotidianità … nulla sia, o possa essere mai, casuale.
Il pubblico sembra quasi aver sospeso il respiro come se, all’improvviso, le note del pianoforte sostituissero l’aria ed entrassero “fisicamente” ad ossigenare il corpo, il cuore e la mente. Ad un tratto da una lattiginosa nebbiolina emergono due figure maschili. Si guardano, si avvicinano, si sorridono, si stringono la mano, si abbracciano con fraterna amicizia. Il Maestro Lao Silesu e il Conte Alberto Ferrero Della Marmora! Due vite grandi, difficili, sincroniche e quasi parallele, anche se orientate verso due direzioni opposte: Lao dalla Sardegna al Continente, a Parigi… Alberto dal Continente alla Sardegna!
La fama artistica, raggiunta dal maestro Silesu in Francia, lo rende presente a noi ancora oggi, dopo un periodo di oblìo in patria. Le ricerche sulla Sardegna e gli studi qui condotti a livello geologico, archeologico, economico ed etnogeografico dal conte Alberto Ferrero Della Marmora, lo rendono celebre ancora ai giorni nostri, pur non ignorando le sue imprese militari.
Lella Cucca e Roberto Perinu interpretano e soddisfano pienamente la nostra sete di informazioni, emozioni e di arte.
Dalle sacre navate interminabili frotte di animali, buffi ed irreali, s’intrecciano a strani fiori e a foglie d’acanto, come in una danza dal sapore bucolico. Volteggiano seguendo le note ed evitando accuratamente i medaglioni antichi da cui, forse severamente o magari ironicamente, santi, poeti, filosofi, condottieri greci e romani, osservano l’evento.
È un avvicendarsi di brani dalla melodia gentile e forte, per più della metà accompagnati dalla voce femminile del soprano che, a tratti, diventa quasi … celestiale.
I frati francescani, Padre Accursio, Anacleto e Giulio, custodi e guardiani del Tempio, sorridono accoglienti dall’antisacrestia dove, una Vergine delle Rocce di probabile scuola leonardesca, troneggia rassicurante.
L’occhio osserva … ma per poco! L’orecchio ascolta… e subito ti senti trasportato in quella dimensione incorporea che solo con lo spirito puoi percepire. Si snodano sentimenti che riconducono a un’appartenenza cosmica dell’essere. E non c’è più regione, né nazione, né continente che ti racchiuda… ma solo il linguaggio unico e universale della Musica, che non conosce confini e che le sapienti mani del giovane pianista sanno produrre sull’antico strumento.
Alla fine del concerto mi avvicino a Zia Virginia. La decana del Circolo mi abbraccia e mi sorride. Mi dice: “Certamente ci siamo già conosciute, ma non ricordo quando e dove… sa… la memoria non mi è fiera!”. In realtà ci siamo intraviste una volta al Circolo, ma è la prima volta che ci parliamo. Resto colpita dalla sua voce fanciullesca e leggera.
Pare una giovanetta, con quel suo sguardo limpido e vivace! Dal fondo della navata arriva la voce gaia di un bimbo. Passato e Futuro. Il tempo … ma cos’è il tempo? Mi ritornano alla memoria alcune riflessioni di S. Agostino… “il passato non esiste. Neppure il futuro. Essi sono un inganno della mente, nella sua limitatezza. Semmai esistono il passato e il futuro del presente!”. Così come “il male non esiste… esso è diminuzione del bene, e l’uomo è sempre alla continua ricerca della perfettibilità”. E poi ancora… “chi canta prega due volte”. C’è in noi un forte bisogno di trascendenza… ma a volte abbiamo pudore nel manifestarlo.
Ho la viva sensazione che le espressioni artistiche di questa sera abbiano rafforzato il legame già esistente tra la Sardegna e il Piemonte, tra l’arte e la scienza, tra il tempo e lo spazio, ma soprattutto tra il visibile e l’invisibile che da sempre si alternano e si uniscono dentro di noi, come in una melodia musicale.

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Un cuore sardo che dal Piemonte batte a tempo di musica

Si può essere Villacidresi, nascendo fra Ivrea e Vercelli? La risposta non è del lutto elementare, ma quando in famiglia si respira e si vive la Sardegna, pur immersi nelle umide nebbie della pianura piemontese, ci sono eccellenti probabilità che il cuore sia più in Campidano che in riva al Canale Cavour.

Chi è Massimo Zaccheddu
Massimo Zaccheddu è il figlio trentottenne di una giovane villacidrese e di un giovanotto di Villanovafranca, che partirono una quarantina d’anni fa per cercare lavoro in Piemonte: cresce, come è facile immaginare, vivendo la malinconia e la nostalgia per la patria lontana dei genitori, pur essendo felicemente ed attivamente inserito nell’ambiente di Santhià. Fin da adolescente entra a far parte del “Corpo dei pifferi e tamburi”, gruppo musicale del Carnevale storico più antico del Piemonte: suona il piffero e per due anni studia teoria del solfeggio.
Inizia a scrivere musica e nel 1986 partecipa per la prima volta al Festival per voci e volti nuovi di Castrocaro, arrivando alle finali con un pezzo per pianoforte e voce; negli anni successivi si presenta anche a Sanremo Autori, a Una voce per l’Europa (Riccione), ancora a Castrocaro ed infine al Festival di Recanati.
Decide di chiudere questa fase, in cui sì è divertito a fare musica leggera di tipo “sanremese”, dopo aver sperimentato in prima persona le difficoltà che, anche nel mondo della canzone, può incontrare chi non scende a compromessi.

Dalla musica leggera alla musica sarda
Nel 1995-96 la svolta. Battista Saiu, presidente del Circolo dei sardi a Biella, aveva attivato un coro popolare ed invita Massimo a farne parte; è l’occasione per conoscere a fondo, studiare ed apprezzare le realtà musicali sarde (specie i cori a tenores).
Ed infatti compone in questo periodo “Ninniu”, una ninna nanna in campidanese.
Intanto collabora con il bassista di Fabrizio De André e con altri musicisti di spessore. Sempre in quegli anni scrive anche “Fortza Casteddu”, inno alla squadra di calcio, e prosegue le registrazioni in sala d’incisione, arrivando a 70 pezzi. Nel 2001 partecipa alla prima edizione del premio Faber, a Sassari (per la canzone inedita in lingua sarda), presentando il brano “Storie”. Nel 2002, a giugno presenta, con pochi consensi, “Ninniu” al Festival della Canzone Sarda di Sesto; a ottobre si posiziona bene nel Festival Nazionale di Biella e a dicembre è fra i primi dieci alla seconda edizione del premio Faber. Nella primavera 2003 viene contattato da Radio Uno RAI: il programma serale Demo trasmette “‘Ninniu” ed il brano arriva sesto per numero di preferenze fra gli ascoltatori, e così viene inserito, unico pezzo sardo, nella prima raccolta etnica che la RAI pubblica in diecimila copie per far conoscere i nuovi autori al pubblico e alle case discografiche.
Pochi mesi dopo è la volta di “Giòganta e tzérrianta“, che richiama il popolare gioco de “Sa murra“: anche questo viene trasmesso da Demo RAI. Il 2004 vede affermarsi la bella voce di “Zac” (come viene affettuosamente chiamato) ancora in varie manifestazioni, fra i circoli degli emigrati in nord Italia e al Salone del Libro di Torino. La canzone “Ninniu” viene poi scelta, proprio grazie alla trasmissione Demo, per essere inserita nella colonna sonora dei film “Ladri di barzellette”. II brano riceve inoltre altri premi dalla critica.

L’amore per la sua terra
La passione di Massimo Zaccheddu per la musica è un tutt’uno con l’amore per la terra delle sue radici: fin dall’età di cinque anni trascorre almeno un mese ogni estate a Villacidro.
In Piemonte, nella casa paterna, si parla regolarmente il sardo: e a chiacchierare con lui, si intuisce subito che Zac non è il classico figlio di emigrati che spiccica a fatica due parole: lui il sardo lo parla e lo pronuncia correttamente, così come, quando parla italiano, tradisce l’accento della sua Santhià.
Per di più, frequentando assiduamente i circoli degli emigrati, tocca con mano lo spirito che pervade quelle comunità: “Ci sono tanti sardi che han fatto carriera, e ricoprono incarichi di prestigio – dice Massimo – ma che pure non vedono l’ora di tornare nell’isola, o che sarebbero disposti a piantare anche tutto quello che hanno saputo realizzare, se avessero l’occasione di rientrare e poter lavorare in Sardegna”. E infatti l’ultima sua fatica tocca proprio questi temi: “Traballu in domu mia“, che gli ha fatto ottenere l’ennesimo passaggio sulle frequenze di Radio Uno RAI, narra del comune desiderio che gli emigrati provano, che poi è quello che si respira appunto nei vari circoli sparsi per il mondo. I testi di Zac rendono trasparente la sua voglia di fare per la Sardegna, per Villacidro in particolare, della cui realtà è riuscito a far parte pur stando lontano. La musica, specie quella popolare, rappresenta per lui sempre un hobby e una passione, che gli piace coltivare con entusiasmo e che nasce con semplicità: ma il suo sogno è stato da subito riuscire a trasmettere emozioni, sensibilizzare alla conoscenza delle tradizioni e dei luoghi. Il percorso artistico che sta compiendo ne è testimone.

Simone Nonnis

(tratto da “Il Provinciale” del 15/01/2005)

Sardi in Piemonte, valorizzare le proprie radici vivifica il territorio

Nato nel 1978, con l’intento di aiutare gli immigrati sardi a inserirsi in un tessuto sociale nuovo senza perdere le proprie radici, il Circolo Culturale Sardo “Su nuraghe”, venuto meno il compito originario di offrire un aiuto immediato agli immigrati, ha proseguito la propria attività integrandosi sempre più nel territorio e mettendosi al suo servizio, con attività sociali e culturali che vivificano il biellese: dalle campagne di solidarietà e di raccolta fondi per cooperative sociali che si occupano di disabili (feste e giornate a favore della Domus laetitiae, dell’Anffass) alle raccolte di sangue per i talassemici, fino all’articolato insieme di proposte in campo educativo e culturale (concorsi di poesia e di fotografia, corsi di aggiornamento per insegnanti, mostre e pubblicazioni, feste e concerti).
Nel proporre al territorio il proprio variegato programma di intervento, il Circolo sardo ha trovato nella Fondazione Cassa di Risparmio di Biella un collaboratore ideale. A partire dal 2002, la Fondazione ha contribuito con circa 50mila euro alla realizzazione delle attività di “Su nuraghe” e ha consolidato la propria collaborazione coinvolgendo il Circolo nella realizzazione del primo Master su identità creatività e territorio (Biella, Città Studi a.a. 2004/2005).
Non solo, dunque, erogazioni monetarie, ma anche scambio di idee e progettazione comune caratterizzano il legame fra la Fondazione e la comunità sarda, che trova la propria espressione piena nel Circolo sardo, quasi a dimostrare che il rafforzamento dell’identità favorisce l’incontro, a beneficio di tutti.

Anna Cavalleri