“Serata Lao Silesu” omaggio ad Alberto Ferrero Della Marmora

Domenica 10 aprile 2005, nella Basilica San Sebastiano di Biella, si è tenuto il concerto

Le limpide note del “Notturno in mi” fanno da ouverture al concerto.
Leggera gaiezza e severa profondità spirituale si rincorrono nelle navate della cinquecentesca Basilica di San Sebastiano, come in un gioco apparentemente aldilà del tempo e dello spazio, che in realtà si esprime attraverso il rigore e la precisione matematica della Musica, quasi a ricordare che nella nostra quotidianità … nulla sia, o possa essere mai, casuale.
Il pubblico sembra quasi aver sospeso il respiro come se, all’improvviso, le note del pianoforte sostituissero l’aria ed entrassero “fisicamente” ad ossigenare il corpo, il cuore e la mente. Ad un tratto da una lattiginosa nebbiolina emergono due figure maschili. Si guardano, si avvicinano, si sorridono, si stringono la mano, si abbracciano con fraterna amicizia. Il Maestro Lao Silesu e il Conte Alberto Ferrero Della Marmora! Due vite grandi, difficili, sincroniche e quasi parallele, anche se orientate verso due direzioni opposte: Lao dalla Sardegna al Continente, a Parigi… Alberto dal Continente alla Sardegna!
La fama artistica, raggiunta dal maestro Silesu in Francia, lo rende presente a noi ancora oggi, dopo un periodo di oblìo in patria. Le ricerche sulla Sardegna e gli studi qui condotti a livello geologico, archeologico, economico ed etnogeografico dal conte Alberto Ferrero Della Marmora, lo rendono celebre ancora ai giorni nostri, pur non ignorando le sue imprese militari.
Lella Cucca e Roberto Perinu interpretano e soddisfano pienamente la nostra sete di informazioni, emozioni e di arte.
Dalle sacre navate interminabili frotte di animali, buffi ed irreali, s’intrecciano a strani fiori e a foglie d’acanto, come in una danza dal sapore bucolico. Volteggiano seguendo le note ed evitando accuratamente i medaglioni antichi da cui, forse severamente o magari ironicamente, santi, poeti, filosofi, condottieri greci e romani, osservano l’evento.
È un avvicendarsi di brani dalla melodia gentile e forte, per più della metà accompagnati dalla voce femminile del soprano che, a tratti, diventa quasi … celestiale.
I frati francescani, Padre Accursio, Anacleto e Giulio, custodi e guardiani del Tempio, sorridono accoglienti dall’antisacrestia dove, una Vergine delle Rocce di probabile scuola leonardesca, troneggia rassicurante.
L’occhio osserva … ma per poco! L’orecchio ascolta… e subito ti senti trasportato in quella dimensione incorporea che solo con lo spirito puoi percepire. Si snodano sentimenti che riconducono a un’appartenenza cosmica dell’essere. E non c’è più regione, né nazione, né continente che ti racchiuda… ma solo il linguaggio unico e universale della Musica, che non conosce confini e che le sapienti mani del giovane pianista sanno produrre sull’antico strumento.
Alla fine del concerto mi avvicino a Zia Virginia. La decana del Circolo mi abbraccia e mi sorride. Mi dice: “Certamente ci siamo già conosciute, ma non ricordo quando e dove… sa… la memoria non mi è fiera!”. In realtà ci siamo intraviste una volta al Circolo, ma è la prima volta che ci parliamo. Resto colpita dalla sua voce fanciullesca e leggera.
Pare una giovanetta, con quel suo sguardo limpido e vivace! Dal fondo della navata arriva la voce gaia di un bimbo. Passato e Futuro. Il tempo … ma cos’è il tempo? Mi ritornano alla memoria alcune riflessioni di S. Agostino… “il passato non esiste. Neppure il futuro. Essi sono un inganno della mente, nella sua limitatezza. Semmai esistono il passato e il futuro del presente!”. Così come “il male non esiste… esso è diminuzione del bene, e l’uomo è sempre alla continua ricerca della perfettibilità”. E poi ancora… “chi canta prega due volte”. C’è in noi un forte bisogno di trascendenza… ma a volte abbiamo pudore nel manifestarlo.
Ho la viva sensazione che le espressioni artistiche di questa sera abbiano rafforzato il legame già esistente tra la Sardegna e il Piemonte, tra l’arte e la scienza, tra il tempo e lo spazio, ma soprattutto tra il visibile e l’invisibile che da sempre si alternano e si uniscono dentro di noi, come in una melodia musicale.

Clipea

Un cuore sardo che dal Piemonte batte a tempo di musica

Si può essere Villacidresi, nascendo fra Ivrea e Vercelli? La risposta non è del lutto elementare, ma quando in famiglia si respira e si vive la Sardegna, pur immersi nelle umide nebbie della pianura piemontese, ci sono eccellenti probabilità che il cuore sia più in Campidano che in riva al Canale Cavour.

Chi è Massimo Zaccheddu
Massimo Zaccheddu è il figlio trentottenne di una giovane villacidrese e di un giovanotto di Villanovafranca, che partirono una quarantina d’anni fa per cercare lavoro in Piemonte: cresce, come è facile immaginare, vivendo la malinconia e la nostalgia per la patria lontana dei genitori, pur essendo felicemente ed attivamente inserito nell’ambiente di Santhià. Fin da adolescente entra a far parte del “Corpo dei pifferi e tamburi”, gruppo musicale del Carnevale storico più antico del Piemonte: suona il piffero e per due anni studia teoria del solfeggio.
Inizia a scrivere musica e nel 1986 partecipa per la prima volta al Festival per voci e volti nuovi di Castrocaro, arrivando alle finali con un pezzo per pianoforte e voce; negli anni successivi si presenta anche a Sanremo Autori, a Una voce per l’Europa (Riccione), ancora a Castrocaro ed infine al Festival di Recanati.
Decide di chiudere questa fase, in cui sì è divertito a fare musica leggera di tipo “sanremese”, dopo aver sperimentato in prima persona le difficoltà che, anche nel mondo della canzone, può incontrare chi non scende a compromessi.

Dalla musica leggera alla musica sarda
Nel 1995-96 la svolta. Battista Saiu, presidente del Circolo dei sardi a Biella, aveva attivato un coro popolare ed invita Massimo a farne parte; è l’occasione per conoscere a fondo, studiare ed apprezzare le realtà musicali sarde (specie i cori a tenores).
Ed infatti compone in questo periodo “Ninniu”, una ninna nanna in campidanese.
Intanto collabora con il bassista di Fabrizio De André e con altri musicisti di spessore. Sempre in quegli anni scrive anche “Fortza Casteddu”, inno alla squadra di calcio, e prosegue le registrazioni in sala d’incisione, arrivando a 70 pezzi. Nel 2001 partecipa alla prima edizione del premio Faber, a Sassari (per la canzone inedita in lingua sarda), presentando il brano “Storie”. Nel 2002, a giugno presenta, con pochi consensi, “Ninniu” al Festival della Canzone Sarda di Sesto; a ottobre si posiziona bene nel Festival Nazionale di Biella e a dicembre è fra i primi dieci alla seconda edizione del premio Faber. Nella primavera 2003 viene contattato da Radio Uno RAI: il programma serale Demo trasmette “‘Ninniu” ed il brano arriva sesto per numero di preferenze fra gli ascoltatori, e così viene inserito, unico pezzo sardo, nella prima raccolta etnica che la RAI pubblica in diecimila copie per far conoscere i nuovi autori al pubblico e alle case discografiche.
Pochi mesi dopo è la volta di “Giòganta e tzérrianta“, che richiama il popolare gioco de “Sa murra“: anche questo viene trasmesso da Demo RAI. Il 2004 vede affermarsi la bella voce di “Zac” (come viene affettuosamente chiamato) ancora in varie manifestazioni, fra i circoli degli emigrati in nord Italia e al Salone del Libro di Torino. La canzone “Ninniu” viene poi scelta, proprio grazie alla trasmissione Demo, per essere inserita nella colonna sonora dei film “Ladri di barzellette”. II brano riceve inoltre altri premi dalla critica.

L’amore per la sua terra
La passione di Massimo Zaccheddu per la musica è un tutt’uno con l’amore per la terra delle sue radici: fin dall’età di cinque anni trascorre almeno un mese ogni estate a Villacidro.
In Piemonte, nella casa paterna, si parla regolarmente il sardo: e a chiacchierare con lui, si intuisce subito che Zac non è il classico figlio di emigrati che spiccica a fatica due parole: lui il sardo lo parla e lo pronuncia correttamente, così come, quando parla italiano, tradisce l’accento della sua Santhià.
Per di più, frequentando assiduamente i circoli degli emigrati, tocca con mano lo spirito che pervade quelle comunità: “Ci sono tanti sardi che han fatto carriera, e ricoprono incarichi di prestigio – dice Massimo – ma che pure non vedono l’ora di tornare nell’isola, o che sarebbero disposti a piantare anche tutto quello che hanno saputo realizzare, se avessero l’occasione di rientrare e poter lavorare in Sardegna”. E infatti l’ultima sua fatica tocca proprio questi temi: “Traballu in domu mia“, che gli ha fatto ottenere l’ennesimo passaggio sulle frequenze di Radio Uno RAI, narra del comune desiderio che gli emigrati provano, che poi è quello che si respira appunto nei vari circoli sparsi per il mondo. I testi di Zac rendono trasparente la sua voglia di fare per la Sardegna, per Villacidro in particolare, della cui realtà è riuscito a far parte pur stando lontano. La musica, specie quella popolare, rappresenta per lui sempre un hobby e una passione, che gli piace coltivare con entusiasmo e che nasce con semplicità: ma il suo sogno è stato da subito riuscire a trasmettere emozioni, sensibilizzare alla conoscenza delle tradizioni e dei luoghi. Il percorso artistico che sta compiendo ne è testimone.

Simone Nonnis

(tratto da “Il Provinciale” del 15/01/2005)

Sardi in Piemonte, valorizzare le proprie radici vivifica il territorio

Nato nel 1978, con l’intento di aiutare gli immigrati sardi a inserirsi in un tessuto sociale nuovo senza perdere le proprie radici, il Circolo Culturale Sardo “Su nuraghe”, venuto meno il compito originario di offrire un aiuto immediato agli immigrati, ha proseguito la propria attività integrandosi sempre più nel territorio e mettendosi al suo servizio, con attività sociali e culturali che vivificano il biellese: dalle campagne di solidarietà e di raccolta fondi per cooperative sociali che si occupano di disabili (feste e giornate a favore della Domus laetitiae, dell’Anffass) alle raccolte di sangue per i talassemici, fino all’articolato insieme di proposte in campo educativo e culturale (concorsi di poesia e di fotografia, corsi di aggiornamento per insegnanti, mostre e pubblicazioni, feste e concerti).
Nel proporre al territorio il proprio variegato programma di intervento, il Circolo sardo ha trovato nella Fondazione Cassa di Risparmio di Biella un collaboratore ideale. A partire dal 2002, la Fondazione ha contribuito con circa 50mila euro alla realizzazione delle attività di “Su nuraghe” e ha consolidato la propria collaborazione coinvolgendo il Circolo nella realizzazione del primo Master su identità creatività e territorio (Biella, Città Studi a.a. 2004/2005).
Non solo, dunque, erogazioni monetarie, ma anche scambio di idee e progettazione comune caratterizzano il legame fra la Fondazione e la comunità sarda, che trova la propria espressione piena nel Circolo sardo, quasi a dimostrare che il rafforzamento dell’identità favorisce l’incontro, a beneficio di tutti.

Anna Cavalleri

Progetto “Sviluppo Sud”: la Sardegna

Da sempre impegnate nello sviluppo del territorio, nell’ambito del progetto “Sviluppo Sud” promosso dall’Acri nel 2002, le Fondazioni delle Casse di Risparmio Piemontesi hanno intrapreso una serie di progetti volti a valorizzare il patrimonio artistico, culturale e ambientale della Sardegna, con un contributo complessivo pari a circa 2.300.000,00 Euro. I progetti finanziati sono due: il Progetto “Ferula” (con un investimento pari a circa 1.900.000,00 euro) e il Progetto “Batteria Talmone” (con un investimento pari a 400.000,00
Euro).
Continua a leggere →

Piemontesi in Sardegna, un legame che si rinnova

Fra alterne vicende, nel corso della storia, Piemontesi e Sardi hanno imparato a conoscersi e a rispettarsi.
L’asperità del suolo sardo e il prevalere dell’ambiente montano in Piemonte hanno forgiato un carattere duro a Isolani e Piemontesi. La cocciutaggine degli uni e degli altri è proverbiale, come la loro tenacia. Affinità di superficie? Forse. Ma il legame fra Piemontesi e Sardi è spiegabile anche sulla base di affinità che superano le costrizioni delle vicende storiche.
Le vicende economiche hanno prima separato e poi unito le due regioni. Caratterizzato da una forte industrializzazione, il Piemonte ha generato un processo di immigrazione che ha portato molti Sardi a lasciare l’isola, attratti dal miraggio di un’occupazione e dalla speranza di una vita migliore.
Con la nascita del turismo di massa, la Sardegna si è rivelata come un paradiso, ristoro alle fatiche di un lavoro sempre più impegnativo e ha portato a un movimento contrario di persone che, seppure in modo temporaneo, si spostano dal Piemonte in Sardegna.
In Piemonte, le comunità sarde hanno saputo conservare la propria identità e, nel contempo, hanno promosso iniziative per valorizzare il patrimonio culturale e ambientale nella stessa Sardegna, un esempio di questa collaborazione è il progetto “Sviluppo sud”, promosso dall’ACRi nel 2002.