Sesto Calende (Varese), nuova tappa della mostra di Vittorio Besso, Vittorio ed Erminio Sella
Presentata nel 1994 a Biella, verrà inaugurata sabato 24 marzo nello “Spazio Cesare da Sesto”
Lo scenario de i “Piani”, dove numerosi ragazzi di Olmedo prestavano la propria opera durante le vacanze scolastiche, si faceva molto pittoresco nella bella stagione: il verde che fino al giorno prima predominava, di colpo s’attutiva; la vigna si andava lentamente colorando di un bel celeste. Era come un mare di foglie azzurre che di giorno in giorno cresceva, si estendeva di filare in filare al ritmo del braccio e della macchinetta con la quale tiu Remundu pompava sulle foglie il solfato di rame, macchinetta che io badavo puntualmente a rifornire andando avanti e indietro munito di un barilotto della capienza di circa dieci litri, per levargli l’incomodo di ritornare ogni volta dal filare al contenitore, un vecchio fusto di benzina riadattato alla bisogna, collocato nella stradina della fontana presso la quale lo zio usava miscelare la polvere azzurra e l’acqua.
In tali momenti avrei voluto essere come lui, ragno di vigna, tessitore d’intrecci e pittore: avrei voluto dipingere i filari, il regno nuovo e colorato d’azzurro nel quale non doveva attecchire la fillossera.
Avrei desiderato indossare la sua armatura, tenere in spalla come lui la macchinetta del solfato di rame, vestire l’abito sdrucito colorato di celeste; avrei voluto essere anch’io un crociato di Bacco perennemente in lotta contro la disperazione umana e la sua peronospora, il fungo che attacca le foglie della vite impedendo alla pianta di respirare e di portare a maturazione l’uva da macinare, da cui tiu Remundu sapeva ricavare il nettare gustoso e inebriante che tutto il paese gli invidiava.
Terminata la vendemmia le mescolava tra loro, le pigiava le sue uve con la sola pressione dei piedi, trasformando il cannonau, il pascale, il cagnulari misti a nasco, cabernet, moscatello e vermentino in ottimo vino, il migliore della zona, di cui andava fiero e orgoglioso e che a suo parere era un vero toccasana per tutte le malattie.
Lo spettacolo più bello che offriva la veduta dall’alto del nuraghe era proprio la vigna di tiu Remundu. Visti di lassù, i filari e la stradina che tagliava la vigna in due parti rettangolari esattamente uguali formavano delle linee quasi perfette: sembravano righe vergate dalle mani esperte di un eccellente calligrafo sulla pagina di un grosso quaderno. Il maestrale ci aggiungeva del suo piegando verso destra gli alberelli di vite, così da imprimere ai fondi e ai filari allineati come righe sulle due pagine un carattere particolare, un tratto d’antica stampa, e l’effetto plastico del movimento, che suggeriva il lieve e armonioso ordine naturale e contrassegnava l’opera più impegnativa realizzata da tiu Remundu durante la sua vita. Da quelle osservazioni modificai la calligrafia e mi risolsi definitivamente a scrivere frasi e parole reclinando leggermente vocali e consonanti verso destra. Così, anche i miei quaderni, con un po’ di fantasia, cominciarono a somigliare alla vigna e le righe ai filari ordinati dove lui s’aggirava, zappa a tracolla, come uno gnomo.
Nunzio Isoni