Continuazione ed estensione dell’Anno internazionale delle api, Su Calendariu 2022 del Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella è dedicato ed esteso ad altri animali impollinatori.
Al pari di antichi almanacchi, Su Calendariu 2022 si pone come strumento educativo, corredato da testi e immagini messi a disposizione da Lucio Bordignon, esperto di natura e di am- biente: esperto sensibile che, nell’attività professionale, mette in pratica la sua vasta conoscenza, ripristinando ambienti degradati dalle attività dell’uomo.
Sensibilità naturalistica in difesa del creato, condivisa dalla Comunità sarda di Biella che, in collaborazione con l’Associazione Biellese Apicoltori, ha accolto “la proposta del centenario” del Club Soroptimist di Biella per la realizzazione di un laboratorio didattico rivolto alle nuove generazioni.
In una provincia alpina come la nostra, che conta circa 400 apicoltori e oltre mille postazioni di alveari, è nata la “Oasi delle Api” con l’annesso “hotel degli impollinatori”, una sorta di casello biellese lungo l’ “autostrada delle api”: esempio virtuoso di collaborazione concreta pensata per accogliere la visita di scolaresche per vedere, osservare e studiare dal vivo il complesso mondo delle api. Dopo due anni di restrizioni sanitarie, nelle auspicate passeggiate libere o nelle uscite di istruzione al giardino mediterraneo di Nuraghe Chervu – dove crescono corbezzoli, cisti, rosmarini, lavan- de, elicrisi ed altre specie messe a disposizione dall’Agenzia “Forestas” della Regione Autonoma della Sardegna – i visitatori potranno leggere i cartelli multilingui (in latino, italiano, sardo e piemontese) con i nomi delle varie piante mellifere.
Perché – si chiede Lucio Bordignon – dedicare Su Calendariu 2022 agli impollinatori? Lo racconto con una storia: “L’apologo della pesca”
Ti sei perso in un bosco! Vaghi senza meta da ore ed incominci a preoccuparti: hai fame e sete. Ad un tratto, [trovate] ecco un bel frutteto carico di frutta. Nell’aria c’è profumo di pesche mature: cogli un frutto dalla pianta; è bello, tondo, maturo e lo porti alla bocca. Prima di addentarlo, lo avevi già divorato cogli occhi: fra le tante pesche hai scelto la più colorata e la più grande. Anche il suo profumo fragrante è seducente e ti mette una voglia paz- za di mangiartelo. Quando i denti si immergono nella la polpa e la lingua inizia a far roteare in bocca il succulento boccone assaporandone il gusto inebriante, ti senti già meglio.
Stai per dare il secondo morso, quando, davanti a te, compare un uomo vestito umilmente con una camicia logora, pantaloni infangati, stivali e un cappello di paglia. “Chi sarà mai questo poveraccio?” È il proprietario del frutteto e ti chiede con quale diritto hai colto la pesca che lui ha accudito per un anno intero. Ti viene in mente che hai dei soldi nel portafoglio. Lo estrai prontamente e, con un ghigno soddisfatto, gli porgi cinque Euro. Con una tale somma a volte si comprano anche due chili di pesche al supermercato! Il contadino rifiuta. Rilanci l’offerta: niente! Il contadino ti dice chiaro e tondo che i tuoi soldi non gli interessano, preferisce tenersi la pesca. Solo allora ti rendi conto di essere nei guai, perché la fame resterà e il tuo denaro è fatto solo di pezzi di metallo o di carta colorata, mentre il vero valore è rappresentato dalle pesche. Prendendo la frutta dello scomparto dei “freschi” mai hai riflettuto sul fatto che, per averla, non bastano i soldi che si hanno in tasca: ci vuole anche chi la coltivi! Quando lo spieghi al contadino, lui ti capisce e ti dice che puoi tranquillamente mangiare la pesca: anzi, te ne dà un’altra per il viaggio, indicandoti, pure, la via per ritornare a casa. Lo ringrazi più e più volte. Però, a ben vedere, ti vien fatto di pensare che per quella frutta avresti dovuto ringraziare ancora di più certi attori di cui mai ti sei preoccupato e di considerare che, senza di loro, non avresti potuto mangiare proprio nulla: gli impollinatori”.
Saggezza popolare di un apologo tratto dalla quotidianità dei giorni nostri, che trova ulteriore riscontro nell’inno della Brigata “Sassari”, cui il monumento di Nuraghe Chervu è intitolato.
A chiare lettere, uno dei versi del canto – intonato in Lingua sarda in via dei Fori Imperiali a Roma e lungo le contrade del mondo nelle missioni di pace – sentenzia: “Sa fide nostra non la pagat dinari”, ossia “per la nostra fede non valgono i denari [per pagarla]”.
Proprio come l’umile preziosa pesca di Bordignon. Buona lettura e Buon 2022 – XLIV di fondazione di Su Nuraghe – a Largos Annos
Battista SAIU