L’edizione di Su Calendariu 2016 è illustrata da immagini che provengono dall’archivio inedito del generale Don Giovanni Maria Garrucciu Melis, di Cagliari, messe a disposizione da Paolo Amat di San Filippo, realizzate durante il Primo conflitto mondiale, tra il mese di ottobre 1915 e il 7 settembre 1917, quando il N.H. sardo, all’epoca colonnello con la carica di Capo Servizio, dirigeva l’Ufficio “I” del Servizio Informazioni Militare Italiano, a diretto contatto con il Comando Supremo, al centro di tutta l’attività militare di informazione segreta.
Su Calendariu 2016, con le didascalie – realizzate da Gianni Cilloco – che raccontano vicende italiane viste da occhio sardo, fa parte delle iniziative accreditate quale progetto rientrante nel Programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale. L’iniziativa è patrocinata della Regione Autonoma della Sardegna, dalla Città di Biella e dalla F.A.S.I., Federazione Associazioni Sarde in Italia. Le immagini che ci accompagneranno durante i prossimi mesi sono presenti in mostra nelle sale della Biblioteca del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, dal 19 dicembre 2015 al 29 febbraio 2016.
Per la prima volta i Sardi, a fianco dei sudditi della penisola nell’Italia unificata, vengono coinvolti in massa nelle vicende dello Stato, mobilitati e chiamati alle armi sotto le insegne dell’antico Regno: per l’occasione vengono ripristinati i quattro mori accantonati in croce di San Giorgio con incorporato al centro l’emblema dell’aquila con scudo sabaudo. Singolare sincronismo che parrebbe far eco all’operazione commerciale nata nel 1912 con Amsicora Capra, quando, in quell’anno, apriva a Cagliari il primo stabilimento della Ichnusa, la birra sarda dal mitico nome dato all’Isola dai Greci: anch’esso facente leva sul legame dei Sardi con la loro terra, attraverso l’uso della bandiera dei Quattro Mori.
L’Italia, nel prepararsi alla guerra (1° marzo 1915), costituiva a Sinnai e a Tempio Pausania, la “Sassari”, Brigata composta da due Reggimenti di fanteria, formata da giovani arruolati su base regionale per combattere sotto le insegne dei Quattro Mori sovrastanti il motto “Deus et su Re”, Dio e il Re.
La Grande Guerra costò alla “Sassari” circa 15.000 perdite con morti tra ufficiali, sottufficiali e soldati. La Sardegna che, nel censimento del 1911, contava 853 mila abitanti, ebbe un caduto ogni 12 famiglie, 138 morti ogni 1.000 incorporati: una strage! Perì il 14% della popolazione, a fronte del già grave 10% della media nazionale. Per morire nelle trincee di un universo che neppure conoscevano, si faceva leva sulla proverbiale fedeltà dei Sardi, il rispetto della parola data, dei patti e delle leggi, di “su connottu”, il conosciuto, fedeltà per la quale sono pronti anche al sacrificio estremo della vita, contro chiunque vi si opponga. Antichi codici consuetudinari dalle profonde radici. Lealtà ampiamente conosciuta e riconosciuta; la si riscontra nell’attaccamento alle famiglie affidate a “sas teraccas”, le donne di servizio e nei tanti “servi dello Stato” caduti nell’adempimento del dovere. Ancora numerosi sono quelli presenti nei diversi gangli delle Istituzioni. Per tutti, tra i primi sette presidenti della Repubblica Italiana, tre sono i Sardi: Antonio Segni, di Sassari, Giuseppe Saragat, originario di Sanluri, e Francesco Cossiga, di Sassari. Fedeltà “a su connottu”, all’esistente, sempre e comunque. Sotto questa luce vanno letti i risultati del referendum del 2 giugno 1946, dove la Sardegna, con 313.940 voti favorevoli su 202.709 contrari, sceglie la monarchia. Analoghi risultati di fedeltà alle Istituzioni allora rappresentate dal Regno, in Sicilia, Calabria, Lucania, Puglie, Campania, Lazio, Abruzzo e Molise.
Concetti di fedeltà che permangono nella Brigata “Sassari” repubblicana, traslati dalle figure alle lettere, dove le parole «Deus et su Re» divengono: «sa vida pro sa Patria», la vita per la patria.
Battista Saiu